Le associazioni contestano il pdl. Educazione di genere, «legge pericolosa»
Il disegno di legge sull’educazione di genere è 'un compromesso pericoloso'. Le proposte sono formulate in modo talmente vago che il rischio di una fuga in avanti, a proposito del cosiddetto 'pluralismo affettivo', è purtroppo evidente. Sarà un’opposizione netta quella Forum delle associazioni familiari, che non farà però venir meno l’impegno costruttivo finalizzato a diffondere progetti positivi, come il grande piano intitolato 'Immischiati a scuola' di cui già si avvertono gli esiti concreti. Ma intanto, sul testo unificato varato dalla Commissione cultura della Camera, il giudizio è negativo che i troppi aspetti indefiniti sul piano educativo. Nei giorni scorsi il presidente Gigi De Palo e la vicepresidente responsabile per le questioni scolastiche Maria Grazia Colombo, hanno esaminato con attenzione l’articolato della proposta di legge. Ne è emersa una valutazione molto critica. «Ne parleremo tra qualche giorno con la ministra Fedeli – fanno sapere De Palo e Colombo – ma se il testo rimane quello approvato in commissione non possiamo non esprimere tutte le nostre perplessità. Il ddl è vago, indeterminato, quindi estremamente pericoloso. Se questa è una legge sull’educazione di genere c’è da essere molto preoccupati».
Tanti i passaggi che non convincono. A cominciare dall’articolo 1 dove si parla di 'competenze socioaffettive e di genere' senza specificare cosa si intenda davvero. Un conto, sottolineano i responsabili del Forum delle associazioni familiari, è la prevenzione della violenza, del bullismo, e delle discriminazione fondate sulla differenza sessuale – su cui non si può che essere d’accordo – un altro è proporre un approccio educativo 'di genere' e un 'linguaggio di genere' senza definire la specificità dell’obiettivo e lasciando sullo sfondo la possibilità di una lettura antropologica finalizzata al superamento della differenza sessuale. Il Forum teme anche che, tra quanto non chiaramente espresso, ci sia la volontà di superare la responsabilità e il primato educativo della famiglia per privilegiare la professionalità dei docenti. Una contrapposizione che non sta in piedi. «Ci rendiamo che proprio su temi – osserva ancora Maria Grazia Colombo – i genitori devono talvolta essere aiutati a mettere a fuoco competenze più adeguate. Proprio per questo, tra le varie proposte di 'Immischiati a scuola', c’è un progetto specifico che si intitola, molto significativamente 'E poi se me lo chiede'?. Si tratta di un aiuto concreto ai genitori e agli educatori per affrontare con serenità il tema della sessualità».
Gli esperti del Forum sono infatti convinti che sia necessario fornire ai genitori le conoscenze e il linguaggio per parlare di sessualità ai figli in modo chiaro, graduale ma con estrema delicatezza, in modo tale da delineare il senso profondo della sessualità umana. «I genitori – si legge tra gli obiettivi del progetto – devono orientare e preparare i bambini e gli adolescenti affinché sappiano affrontare le diverse situazioni, generando in loro processi di maturazione, di libertà, di preparazione, di crescita integrale…». Un cammino in cui è fondamentale «la formazione morale che si deve realizzare con metodi attivi e con un dialogo educativo che coinvolga la sensibilità e il linguaggio proprio dei figli». Chiarezza e determinazione che non si trovano nel progetto di legge sull’Educazione di genere, come fa rilevare anche il Moige. «Educazione di genere e sessualità – sottolineano la presidente Maria Rita Munizzi e il direttore dell’associazione Antonio Affinita – sono tematiche da sempre riservate al ruolo educativo dei genitori e nessuno, tantomeno lo Stato, deve sottrarre ai genitori questo primario e inalienabile diritto». Quando si parla di 'educazione di genere', fanno notare i responsabili del Moige, si vanno ad intrecciare implicazioni etiche, religiose, culturali e sociali molto forti' e quindi la collaborazione educativa da parte dello Stato può concretizzarsi «solo dopo aver condiviso integralmente metodi, valori e contenuti». E questa chiarezza, nel testo di legge sull’educazione di genere, non è espressa.