Lo studio. Ecco chi continua a morire di Covid in Italia
«Delle 38.096 persone decedute con positività al Sars-CoV-2 dall’1 febbraio al 5 ottobre di quest’anno, 33.620 non erano vaccinate». Mentre «i deceduti con Covid-19 che avevano completato il ciclo vaccinale sono stati 1.440, ovvero il 3,7% di tutti i decessi Sars-CoV-2 positivi avvenuti nel periodo». In questi ultimi, tuttavia, la presenza di cardiopatie gravi, demenza e cancro si è dimostrata più alta rispetto ai non vaccinati. Lo ha stabilito l’Istituto superiore di sanità (Iss) che, esaminando 671 cartelle cliniche, ha evidenziato che i deceduti per Covid-19 con ciclo vaccinale completo «sono iperfragili con un’età media più alta sui non vaccinati (85,5 contro 78,3) e un numero medio di patologie più alto (5 contro 3,9 pre-esistenti)».
Da questi risultati, dice Graziano Onder, direttore del dipartimento di Malattie cardiovascolari, endocrino-metaboliche e invecchiamento dell’Iss, «è ipotizzabile che i pazienti molto anziani e con numerose patologie possono avere una ridotta risposta immunitaria e pertanto essere suscettibili all’infezione e alle sue complicanze, pur essendo stati vaccinati. Queste persone molto fragili e con una ridotta risposta immunitaria, sono quelle che possono maggiormente beneficiare di una ampia copertura vaccinale dell’intera popolazione». Perché «ridurre la circolazione del virus è il miglior modo per proteggere i fragili». L’Iss descrive le caratteristiche dei 130.468 pazienti deceduti, positivi al Sars-CoV-2 in Italia, dall’inizio della sorveglianza al 5 ottobre 2021. L’età media è 80 anni. Complessivamente, le donne hanno un’età più alta rispetto agli uomini (85 anni). Al 5 ottobre sono 1.601 (dei 130.468) i deceduti di età inferiore ai 50 anni (1,2%). 399 avevano meno di 40 anni.
Proprio la mortalità da Covid, il consistente numero di decessi dei giorni scorsi nel nostro Paese, e i casi in Gran Bretagna – dove la vaccinazione è molto estesa – sono motivi di accese discussioni tra gli esperti. Tra questi c’è chi, come il direttore del dipartimento di Microbiologia molecolare dell’Università di Padova, Andrea Crisanti, nei giorni scorsi ha parlato di «discrepanze ingiustificabili» nel rapporto tra positività e mortalità in Italia. «Non rilevo nulla di così incongruente – gli risponde Antonello Maruotti, docente di Statistica all’Università Lumsa di Roma –. O meglio, la situazione italiana è comune a numerosi altri Paesi, la vera anomalia è il Regno Unito. La scorsa settimana ho fatto qualche conto. In Gran Bretagna c’erano 3 morti ogni 1.000 abitanti, in Italia 15 ogni 1.000 abitanti. Ma gli altri Paesi non è che facciano così meglio di noi». Dati alla mano, Maruotti spiega che «in Spagna il rapporto tra morti e positivi è di 4,2 volte superiore a quello britannico; in Portogallo di 3,7; in Francia di 2,8 e in Germania è maggiore di 2,4 volte». Fa un po’ peggio l’Italia dove questo dato «è superiore di 4,8 volte», mentre è molto più contenuta la letalità in Austria (1,9). Insomma, «tutti i Paesi hanno un rapporto morti-casi doppio, triplo, quadruplo del Regno Unito, ma nessuno adombra chissà quali scenari nascosti».
Perché avviene questo? «Si può spiegare in almeno due modi – aggiunge lo statistico –. Il primo riguarda la modalità di conteggio dei morti: si tratta di decessi per Covid o con il Covid? Possono esserci molte differenze da questo punto di vista e nel primo elenco potrebbero essere finiti pazienti già in fin di vita per altre patologie. Addirittura, una modalità di conteggio potrebbe investire i rimborsi rispetto al peso della malattia. È un’ipotesi estrema e allarmante ma non la scarterei del tutto. In ogni caso, fare confronti internazionali laddove la mortalità non è univocamente definita, è sempre molto rischioso». Il secondo aspetto: «Dovremmo verificare quanti sono i non vaccinati. La quota di questa categoria è rimasta pressoché costante negli ultimi mesi, e i decessi, che riguardano nella stragrande maggioranza proprio loro, seguono questa tendenza. Sarà l’Istat a svelare i dati inconfutabili sulla mortalità 2020. Ma dovremo attendere il 2022».