La ricerca. Un italiano su due rinuncia ai farmaci
Rinunciare a curarsi per povertà. Perché prima delle visite, dei farmaci, della salute, vengono le bol-lette, la spesa alimentare, i libri di scuola per i figli. E sempre più famiglie italiane, a tutto, non riescono ad arrivare. È drammatico il quadro descritto ieri dall’indagine Doxa realizzata per conto del Banco farmaceutico. L’anno scorso quasi 1 italiano su 2 (il 45%) ha rinunciato all’acquisto di un medicinale – in particolare di quelli non mutuabili e, quindi, a carico completo del cittadino. Una situazione che si aggrava in determinate fasce della popolazione: è il caso delle casalinghe e dei pensionati, tra cui il tasso di rinuncia supera il 50% (52% quando vivono in famiglia, 53% quando vivono da soli). E se tra i lavoratori precari la percentuale si attesta al 41% (se vivono in famiglia, il 40% se vivono da soli), anche chi ha un lavoro stabile ha dovuto rinunciare ad acquistare farmaci: il 39% tra chi vive in famiglia, il 46% tra i single.
Altra criticità, la presenza in famiglia di casi di patologia rilevante: più questi ultimi aumentano, più l’accesso ai farmaci risulta complicato. In particolare, le famiglie in cui è presente almeno una patologia rilevante hanno rinunciato ad acquistare farmaci nel 54% dei casi, quelle con due o tre patologie rilevanti hanno rinunciato nel 57%, quelle con quattro patologie o più addirittura nel 64%. Sul fronte delle visite mediche la musica non cambia. Seconda la ricerca 1 italiano su 4 (26%) si è trovato a dover rinunciare nell’ultimo anno almeno ad una di esse, in particolare a terapie di riabilitazione e visite odontoiatriche.
Tra i single con lavori precari – la categoria più a rischio – il tasso di rinuncia raggiunge il 41%, mentre tra i pensionati e le casalinghe il 38% se vivono in famiglia, il 34% se vivono da soli. Altra categoria in difficoltà, quella dei genitori separati con figli a carico: 4 su 10 sono stati costretti a rinunciare all’incontro col medico. Le difficoltà maggiori si riscontrano nell’effettuare visite specialistiche a pagamento (32%) e visite odontoiatriche (26%), ma a sorpresa sono diventati un lusso anche gli esami del sangue (tasso di rinuncia al 31%) e visite specialistiche ospedaliere con pagamento del ticket se previsto (28%).
Pensare che, nonostante la rilevanza dei problemi di accesso ai servizi sanitari e alle cure, la percentuale di italiani che dichiara di aver ricevuto supporto da enti assistenziali è marginale (1%). Un dato indicatore della difficoltà, da parte delle famiglie, di ammettere la propria problematica economica nell’accesso ad un bene primario come le cure mediche, in alcuni casi persino di riconoscerlo. «Le difficoltà economiche non investono solamente le fasce tradizionalmente considerate povere, ma buona parte degli italiani – ha commentato Paolo Gradnik, presidente della Fondazione Banco Farmaceutico onlus –. Questi dati testimoniano come, da un lato, conoscere il fenomeno sia la condizione necessaria per poterlo affrontare; dall’altro quanto il mondo del non profit e la carità di chi lo alimenta rappresentino, oggi come non mai, beni oggettivi e irrinunciabili, fattori decisivi da cui partire per ricostruire la nostra società».
Un fronte su cui il Banco Farmaceutico è impegnato ogni anno anche con la Giornata della raccolta nelle farmacie, che s’è svolta l’11 febbraio scorso e ha registrato la generosità record degli italiani: 370mila medicinali raccolti e 570mila persone concretamente aiutate. «L’Agenzia del farmaco è impegnata attivamente accanto al Banco per mettere a disposizione dei cittadini più deboli, poveri, migranti, i farmaci necessari per soddisfare la loro domanda di salute» ha sottolineato Mario Melazzini, direttore generale di Aifa.