Migranti. È salpata “Resq People”, la nave di soccorso dell’organizzazione italiana
La nave umanitaria "Resq People" molla gli ormeggi e si dirige verso la "Sar libica"
“Ogni vita umana è preziosa. E deve essere salvata e aiutata quando si trova in difficoltà. ResQ è nata per questo”. Le parole di Luciano Scalettari e Gherardo Colombo, presidente e presidente onorario dell’organizzazione umanitaria italiana, sono il varo della prima missione nel Mediterraneo Centrale.
La nave, che si chiama “Resq People”, è salpata da Valencia, dove si trovava per lavori di manutenzione e adeguamento. “Soccorrere le persone”, come suonerebbe in italiano il nome del vascello, ha già il programma nel nome. Si tratta della ex “Alan Kurdi”, rilevata dall’organizzazione grazie al sostegno di oltre 3 mila donatori. In meno di una settimana Resq si troverà in acque internazionali nell’area di ricerca e soccorso al largo delle coste libiche.
Ad attenderli ci sarà la rinnovata ostilità della cosiddetta Guardia costiera libica, che attraverso le solite fonti vicine ai clan che governano i flussi migratori e il traffico illecito di carburanti e stupefacenti, ha fatto sapere che da ieri tutte le organizzazioni di soccorso che incroceranno nella Sar libica (acque internazionali su cui Tripoli con il sostegno politico ed economico dell’Italia ha ottenuto la registrazione nel database mondiale delle zone di competenza, per quanto non esclusiva) rivendica invece come fossero acque territoriali.
“D’ora in avanti - fanno sapere da Tripoli - considereremo gli equipaggi delle Ong come “persona non grata” e come tali verranno trattati”. Una vera dichiarazione di guerra ai soccorritori che, in teoria potrebbero essere trascinati a Tripoli ed espulsi. I libici parlano di “nostra giurisdizione”, pur trattandosi di acque internazionali su cui nessun Paese può accampare alcuna competenza esclusiva. La dichiarazione è in linea con alcuni gravi precedenti: le asp aratorie e i ripetuti sequestri a danno dei pescherecci siciliani catturati in quella che la Libia ha unilateralmente dichiarato “zona economica esclusiva”, pur non trattandosi di acque territoriali. Nei giorni scorsi tentando di allontanare la nave “Sea Watch” sempre la Marina di Tripoli aveva chiesto al vascello umanitario di lasciare l’area di ricerca è soccorso, “perché si tratta di una zona economica esclusiva della Libia”. Come se soccorrere i migranti fosse equiparabile al business del gambero rosso.
Le minacce non hanno scoraggiato Resq, che ha deciso di andare comunque avanti. “Il sogno è diventato realtà. Siamo raggianti e commossi. Commossi - aggiungono Scalettari e Colombo - ripensando ai tanti che hanno creduto e credono in questo progetto e che lo hanno sostenuto con ogni mezzo, con donazioni piccole o grandi. Raggianti perché tutto questo è stato possibile grazie al team che ogni giorno ha preparato la nave al meglio”.
La “ResQ People” è un’imbarcazione di 39 metri. Aveva già navigato con l’organizzazione tedesca Sea-Eye e il nome di Alan Kurdi, salvando migliaia di persone. Come tutte le navi umanitarie anche questa era stata sottoposta più volte a “fermi amministrativo” delle autorità italiane che ne contestano anche la classificazione per svolgere monitoraggio e soccorso. Eppure proprio a Valencia la nave ha superato i controlli e ottenuto la conferma della “classe” da parte degli organismi di certificazione internazionale.
L’equipaggio della prima missione è formato da un capomissione, comandante, primo e secondo ufficiale, direttore di macchina e macchinisti, marinai. Ci sono a bordo anche un medico e un'infermiera, sei soccorritori (tra i quali due mediatori culturali), una logista per coordinare l'assistenza dei naufraghi a bordo della nave, un cuoco. Un equipaggio internazionale da sei Paesi, tutti con una lunga esperienza nelle operazioni di soccorso. Tra loro anche Cecilia Strada, che ha seguito a Valencia la preparazione della nave e torna nel Mediterraneo Centrale nel ruolo di “Comunicación officer”.
“Siamo preoccupati per la situazione nel Mediterraneo Centrale - dice Strada - dove migliaia di persone rischiano la vita. Ma anche felici per essere riusciti a salpare per una missione così importante. Le minacce non ci spaventano perché le vite umane contano di più”.