Attualità

Il caso . Per Juncker scoppia il «Luxembourg Leaks»

Giovanni Maria Del Re venerdì 7 novembre 2014
Jean-Claude Juncker non ha fatto in tempo ad arrivare al terzo giorno di lavoro al Palazzo Berlaymont che già scoppia una grana per lui molto insidiosa. Si chiama 'Luxembourg Leaks', frutto della cooperazione di 80 giornalisti di 26 paesi coordinati dall’International Consortium of Investigative Journalists di Washington, e pubblicato da 26 grandi giornali europei e nordamericani (per l’Italia 'L’Espresso'). Faldoni per 26.000 pagine rivelano come per anni un potente funzionario del Tesoro lussemburghese, Marius Kohl (in pensione dal 2013), avrebbe avallato attraverso 'tax rulings' (decisioni anticipate sugli oneri fiscali), con il tacito consenso delle autorità lussemburghesi, arzigogolate costruzioni fiscali e societarie consentendo a circa 350 multinazionali di eludere massicciamente il fisco,  pagando aliquote a volte anche di meno dell’1%, ad esempio nel caso di FedEx. Tra gli altri figurano nomi come Amazon, Ikea, Pepsi, Deutsche Bank, Vodafone, iTunes. E, per l’Italia, Finmeccanica, Unicredit, Intesa San Paolo, per un totale di circa una trentina di nomi. Nei leak figura come principale consulente la società PricewaterhouseCoopers (Pwc), che ieri però ha difeso la piena legalità del suo operato. Certo è che il sistema lussemburghese si è rivelato così ghiotto da portare a una situazione paradossale: nel 2013 su 326,6 miliardi di euro di investimenti esteri diretti in tutta l’Ue, la bellezza di 240 miliardi sono arrivati nel piccolo Granducato. Un sistema nel mirino della Commissione Europea, che sospetta aiuti di Stato illegali e ha già aperto un’indagine specifica su agevolazioni per Amazon e Fiat Finance and Trade. Ed è qui l’aspetto particolarmente piccante: il sistema Lussemburgo è stato inventato e sviluppato proprio durante il lungo governo di Juncker (1995-2013). Ed è ora proprio la Commissione da lui guidata a dover proseguire l’inchiesta. «La Commissione farà il suo lavoro – ha cercato di rassicurare il presidente – non sarò coinvolto. È compito del commissario alla Concorrenza (Margrethe Vestager, ndr), cui deve esser data la massima libertà di azione. Non sarò d’ostacolo, sarebbe inaccettabile ». Ieri Margaritis Schinas, portavoce della Commissione, ha spiegato che «starà alle autorità lussemburghesi attualmente in carica rispondere» alle domande di Bruxelles.  «I tax rulings – ha dichiarato ieri il ministro delle Finanze lussemburghese Pierre Gramegna – sono conformi al diritto lussemburghese, europeo e agli standard internazionali ». Anche se – ha aggiunto – «possono portare ad un pagamento irrisorio di tasse da parte delle imprese e crediamo che non sia soddisfacente». Gramegna ha assicurato che «il Lussemburgo coopererà pienamente con la Commissione» e che si sta adeguando agli standard Ocse contro l’evasione fiscale. Che Juncker riesca a tenersi fuori da questa storia sarà però molto difficile. «Come nuovo presidente della Commissione – ha commentato il capogruppo dei Socialisti e democratici al Parlamento Europeo Gianni Pittella – la credibilità di Juncker è messa in gioco, dovrà rimostrare da che parte sta, dei cittadini o degli elusori fiscali». Pittella ha già chiesto che Juncker venga a riferire al Parlamento Europeo la prossima settimana.