Acerra. Due 20enni uccisi: così la maledizione della camorra insanguina la nostra terra
Sono trascorsi solo pochi giorni dalla visita del presidente della Repubblica ad Acerra, venuto per rendere omaggio alle vittime dell’eccidio perpetuato dai nazisti in ritirata nell’ottobre del 1943. Ben 88 persone, tra cui donne, vecchi, bambini, furono massacrate. Le polemiche, come sempre accade in questi casi, non sono mancate.
Acerra non è una città qualsiasi. In questi ultimi anni, è diventata, suo malgrado, uno dei centri di quella che è passata alla storia come “terra dei fuochi”; terminologia che non a tutti piace per le conseguenze negative che porta con sé soprattutto sul piano economico. La sete di verità, però, non deve essere ostaggio dall’economia; viene prima di ogni interesse e si pone a servizio dell’uomo. Non è nascondendo i problemi, spesse volte veri e propri drammi, che si va incontro alla gente.
Nella mia parrocchia, che confina con Acerra, in un solo mese ho celebrato i funerali a due papà e due mamme: nessuno di essi arrivava ai 50 anni. La verità è questa.
Sono passati pochi giorni, dicevamo, dall’arrivo della prima carica dello Stato, e già la camorra maledetta è tornata a terrorizzare il territorio, freddando la notte scorsa, due giovani, ambedue con precedenti penali. Avevano solo 21 e 22 anni.
Questi orribili fatti di sangue, che si susseguono in un Paese civile, in tempo di pace, a scadenze quasi regolari, stanno a dire che la camorra non è mai morta; che continua a fare proseliti tra giovanissimi, i quali, con una ingenuità che spaventa, a decine, vanno a cascare nella sua trappola come uccelli nella rete del cacciatore.
Sembra quasi che la società civile non riesca a trovare gli antidoti per far fronte a questa piaga purulente che da quasi due secoli continua a trascinarsi per le nostre strade. Si ha l’impressione, a volte, che le varie autorità costituite parlino lingue tra loro sconosciute.
Possibile che ci debba rassegnare a tanta infamia? Che non si possa fare niente per impedire a questi quasi bambini di finire al camposanto prima del tempo stabilito? Mai come in questo caso la dialettica manichea non solo non serve ma è pericolosa.
Le forze dell’ordine, anch’esse, sovente, scoraggiate e demotivate, continuano a ripetere la fortunata frase dello scrittore siciliano Gesualdo Bufalino: «Serve un esercito di maestri elementari» Parole vere ma da completare.
Infatti, quell’esercito di maestri elementari, che pure arriva, si lamenta che i bambini provenienti da famiglie malavitose, arrivano a scuola con una mentalità già formata, avendo succhiato, insieme al latte, un modo distorto di pensare da cui fanno fatica a liberarsi. Il facile benessere economico fa il resto.
Solo per fare un esempio, pochi giorni fa, una giovane mamma di Caivano si è resa protagonista di un fatto orribile ripreso in un video che ha fatto poi il giro dei social. Si è portata nel cortile della casa di una sua rivale e, con una violenza inaudita, minacciandola di ucciderla, tenendola ferma a terra, gridando come una forsennata, le ha tagliato i capelli in segno di dispregio e di superiorità fisica e sociale. Il tutto è avvenuto alla luce del sole, con la vittima che implorava pietà e altre donne che la pregavano di non ucciderla. Ambedue sono giovani mamme.
Allora? Allora occorre avere il coraggio, una volta per tutte, di ammettere che “a mali estremi, occorrono estremi rimedi”. Che un fenomeno scellerato che si trascina da quasi due secoli non può più essere considerato un’emergenza, ma è un fatto endemico. Giovedì scorso, il vescovo di Napoli, don Mimmo Battaglia, ha voluto aprire il Sinodo diocesano in piazza Garibaldi, appena tirata a nuovo. Un’intuizione bella, nobile. Quasi a dire: noi ci siamo, non ci tiriamo indietro, mettiamoci insieme. Ha parlato di "Una Chiesa in uscita, samaritana, povera... ".
All’esercito dei maestri elementari, allora, che si dedicano soprattutto ai piccoli, occorre affiancare un esercito vero di carabinieri, poliziotti, finanzieri, vigili urbani, assistenti sociali. Il tutto sotto l’occhio – o, meglio, tanti occhi – vigile delle telecamere che ancora non ci sono. E assicurare il lavoro a chi non ha la possibilità o la voglia di studiare ma è del tutto alieno dal voler delinquere. Insomma, bisogna ammettere che “la rete” di cui tanto si discute, ancora non c’è, non esiste.
La giovanissima età di questi ultimi due – per adesso – uccisi ad Acerra, dà la misura del fenomeno. La visita del Presidente della Repubblica ad Acerra deve essere foriera di una nuova primavera. Cosa che può accadere solo se, con grande umiltà e serietà, una volta per sempre, i politici locali, regionali, nazionali, coadiuvati dalle le forze dell’ordine, dalla magistratura, dalle tante associazioni di volontari veramente presenti sul territorio, dalle nostre chiese locali, in tanti quartieri, unici avamposti di legalità, si mettono in testa di voler venire a capo di questa autentica maledizione che rattrista, deprime e insanguina le nostre terre.