Attualità

INFANZIA E DIRITTI. «Due fratellini di 3 e 5 anni strappati alla casa famiglia»

Lucia Bellaspiga venerdì 2 novembre 2012
​Venti mesi fa lo "strappo" dalla loro mamma, rinchiusa in carcere per i reati commessi. Poi, però, quasi due anni di serenità nella casa famiglia di Ferrara dove una "mamma" e un "papà" si sono presi cura di loro, con la delicatezza e la competenza che la loro tenera età e la triste vicenda richiedevano. Ma all’improvviso l’altroieri il colpo di scena che ha interrotto quello scampolo di vita felice: i due fratellini - 3 e 5 anni - sono stati prelevati da una dirigente del Comune di Modena che non avevano mai visto e portati in una struttura a loro sconosciuta. Una procedura d’urgenza, senza alcuna preparazione psicologica, che si capirebbe se i due piccoli fossero stati in pericolo. Ma le motivazioni addotte dai servizi sociali del Comune lasciano a dir poco increduli: i due bambini sono stati prelevati in vista di un possibile ricongiungimento futuro con la loro madre (che è una nomade sinti) e quindi portati nella struttura dove un giorno potrebbero vivere con lei, qualora uscisse dal carcere, qualora una volta libera volesse rimanere con loro, qualora dimostrasse di averne le capacità, ecc. ecc. Nessuna urgenza, dunque, ma solo una serie di ipotesi auspicabili quanto del tutto vaghe e premature.«In 15 anni abbiamo dato accoglienza temporanea a una settantina di bambini, che poi sono stati reintrodotti nella loro famiglia naturale, o dati in adozione, o invece in affido familiare, e mai ho visto una cosa simile – commenta Maria Grazia Ferioli, la "mamma" della casa famiglia, che fa parte della Comunità Papa Giovanni XXIII fondata da don Oreste Benzi –. I due bambini, dopo quasi due anni vissuti con noi e con gli altri tre piccoli accolti attualmente nella nostra casa famiglia, all’improvviso non vedranno più noi, i compagni d’asilo, le maestre... Sono fragili, hanno bisogno estremo di stabilità».Una stabilità che non è apparsa prioritaria ai servizi sociali, gli stessi cui il Tribunale dei minori 20 mesi fa aveva affidato i due piccoli e che a loro volta li avevano "collocati" nella casa famiglia della Papa Giovanni XXIII, salvo adesso cambiare improvvisamente progetto. «Il 23 ottobre, infatti, un’assistente sociale del Comune ci ha avvisati che il 31 sarebbero stati trasferiti in altra struttura – precisa Annalisa Chiodoni, la legale della Comunità –. Noi abbiamo chiesto almeno che un’équipe di esperti li preparasse gradatamente a questo nuovo distacco, ma l’assistente sociale ha risposto che il primo giorno libero che aveva era il 30, ovvero 24 ore prima di portarli via». Proprio il 30 una educatrice incontra i bambini in un luogo protetto e annuncia loro il trasferimento del giorno dopo. «Ho fatto ricorso d’urgenza al Tribunale dei minori di Bologna, informandoli della inusuale procedura e chiedendo la tutela dei legami affettivi già instaurati – racconta l’avvocato –. Ho anche fatto notare che i servizi sociali non avevano ricevuto dal Tribunale il potere di trasferimento dei due bambini e che quindi non li avremmo consegnati». Ma il 31 ottobre la dirigente si presenta alla casa famiglia munita di un provvedimento del Tribunale che dichiara inammissibile il ricorso «non per i contenuti, ma perché ricorrere è possibile solo ai genitori e all’affidatario», ovvero ai servizi sociali stessi... «Lo sapevamo già, ma il nostro intento era far sapere al Tribunale quanto stava avvenendo, certi che nessun magistrato avrebbe potuto avallare. Invece il Tribunale ha legittimato i servizi al trasferimento "con le modalità ritenute più opportune"...». Nessun aiuto nemmeno dal Difensore civico dell’Infanzia per l’Emilia Romagna, che non ha voluto "porre in essere indebite ingerenze con la magistratura". «Alla fine abbiamo supplicato di lasciarci solo questi quattro giorni di feste per poter accompagnare i bambini a visitare la struttura, mostrare loro la cameretta nuova e la sera parlarne con gioia in famiglia, proponendogliela come una bella notizia... Non ci è stato concesso». «La Papa Giovanni ha avviato al ricongiungimento decine e decine di bambini con i loro genitori all’uscita dal carcere! – ricorda Paolo Ramonda, presidente della Comunità – Non è possibile prelevarli di colpo da una famiglia e inserirli senza preparazione in una comunità alloggio: lì al posto di due genitori troveranno degli operatori, validissimi, ma che ruotano con turni e orari di lavoro». Perché invece non pensare di affidare anche la loro mamma alla casa famiglia dov’erano i piccoli? «Noi li avremmo accolti».