L'agenda dimenticata. Droga e azzardo, grandi assenti
Dipendenze dimenticate, con la mancata assegnazione (a una settimana dalla fiducia al Conte bis) delle deleghe per le politiche antidroga e la derubricazione dell’azzardo a punto irrilevante nell’agenda delle priorità dell’esecutivo giallo-rosso. Eppure i numeri parlano di un’emergenza sul fronte sociale, nel Paese: sono oltre 4 milioni le persone che abusano di sostanze stupefacenti (con un’impennata di morti di overdose e un boom di consumi tra i giovanissimi) e oltre 18 milioni quelle che scommettono o si incollano alle slot, per cui un milione ha ormai sviluppato una dipendenza patologica. L’appello della comunità e dei servizi: «C’è una generazione a rischio, per agire serve innanzitutto indirizzo politico»
Competenze non assegnate dopo il ministro Fontana. Nei parchi intanto si muore
Droga dimenticata. Come se il problema non esistesse, in Italia, o peggio fosse normale doverlo gestire nella quotidianità senza dar troppo fastidio, o troppa importanza. La prima, grande defaillance del nuovo governo, denunciata in queste ore dalle comunità terapeutiche e dai servizi territoriali impegnati ogni giorno sul fronte (pandemico) delle dipendenze, è la mancata assegnazione delle deleghe per le politiche antidroga. Che, passata la guerra delle nomine e il grande accordo sui sottosegretari, proprio non arriva.
Niente di nuovo, nella storia recente degli esecutivi: tranne la fase di transizione tracciata dal governo giallo-verde, con l’incarico affidato a un tiepido Lorenzo Fontana (che pure ha avuto il merito di uno stanziamento di 7 milioni per il “comparto”), né con Gentiloni né con Renzi si era individuato un referente sul tema. Troppo poco, buttare e mescolare la delega nel calderone di quelle rimaste in capo alla presidenza del Consiglio: «E non lo diciamo noi, o chi lavora nei Serd. Lo dicono i numeri – esordisce scoraggiato Luciano Squillaci, presidente della Federazione italiana delle Comunità terapeutiche (Fict) –: un morto ogni due giorni per ragioni legate alla droga in Italia, un vertiginoso abbassamento dell’età di chi consuma stupefacenti e sviluppa dipendenza da psicofarmaci, una diffusione drammatica di nuove droghe, il ritorno prepotente degli oppiacei, dell’eroina, delle overdose». Ma i numeri non bastano a mettere le dipendenze in cima all’agenda di Palazzo Chigi, anche perché – nel caos generale della crisi di governo – quest’estate dal Dipartimento nazionale delle politiche antidroga non sono arrivati nemmeno quelli: è saltata la Relazione per l’anno 2018, che solitamente viene presentata (in un Parlamento semideserto) tra luglio e agosto.
Così che, se si volesse guardare ai dati “ufficiali”, la situazione risulterebbe ferma ancora al 2017: «Con fenomeni completamente ignorati, come per esempio il dilagare di dipendenze multiple (droga, farmaci e azzardo), che ormai sono diventate la normalità per i servizi sul territorio» continua Squillaci. Per non parlare delle nuove sostanze, per lo più assenti dai (non aggiornati) registri nazionali.
Duro anche il giudizio di San Patrignano: «Pur trovandoci in un momento storico in cui l’emergenza droga è sotto gli occhi di tutti, ci stupisce che il governo non abbia assegnato né a un ministro, né a un sottosegretario la delega in materia di tossicodipendenza, eterna cenerentola fra i problemi sociali – spiega Antonio Boschini, responsabile terapeutico della comunità di recupero di Coriano –. Così facendo viene a mancare una chiara linea di indirizzo da seguire per il Dipartimento antidroga». La questione, per altro, è più che mai delicata secondo San Patrignano «perché comprende anche l’annoso dibattito sulla legalizzazione», tra i cavalli di battaglia di volta in volta agitati dalle maggioranze di turno a scapito «della prevenzione e della cura: i minori e i giovani – continua Boschini – vanno aiutati a non iniziare a fare uso di droga e per quelli che già lo fanno va evitata la cronicizzazione, ovvero la condanna a trascorrere la propria vita passando da un servizio di cura ad un altro».
La lista delle cose da fare – vale la pena di ricordarlo – è lunghissima: affrontare l’emergenza delle “nuove droghe”, reperite soprattutto nella grande piazza di spaccio che è diventata Internet, e che si stanno diffondendo drammaticamente tra le nuove generazioni (con un’impennata di morti di overdose a partire dal 2017); ridare peso e direzione – e qui si torna prepotentemente alla questione della delega politica – al Dipartimento antidroga, da tempo ridotto a una “scatola vuota”, priva di personale, consulenza scientifica e finanziamenti; arginare i tagli alla spesa sanitaria che hanno portato alla penalizzazione del settore dei servizi (coi Serd che hanno visto diminuire gli organici e alcune comunità costrette a chiudere per mancanza di fondi regionali dedicati). Ancora: tornare a investire in prevenzione, con percorsi strutturati nelle scuole e campagne mediatiche dirette a tutta la popolazione, ma soprattutto con controlli più tempestivi sul campo, quando si incontrano ragazzi che non sono a conoscenza delle sostanze che hanno assunto e per le cui condizioni non c’è il tempo per aspettare un ricovero e analisi di laboratorio. Punti che dovrebbero e potrebbero essere discussi da tutti gli attori coinvolti – i servizi sul territorio, il mondo della sanità, gli esperti – nella Conferenza nazionale sulla droga. Che non viene convocata da otto anni, e per legge dovrebbe esserlo ogni tre.
Nei 29 punti la lotta antislot è diventata irrilevante M5s: no a passi indietro
C’è un’assenza pesante nella lista delle priorità indicate dalla nuova maggioranza di governo giallo-rossa: la lotta all’azzardo. La mancanza di uno spazio dedicato esclusivamente a come contrastare questa piaga sociale tra i 29 punti programmatici stilati da M5s, Pd e Leu non è passata inosservata. Anzi, si tratta di una lacuna che è stata notata, con preoccupazione e una buona dose di disappunto, in particolare da chi è impegnato da anni su questo fronte sia in campo associativo sia in quello politico. Sull’azzardo c’è solo un accenno. Nulla di più.
Tra i primi a denunciare tale dimenticanza è stato il presidente della Consulta nazionale antiusura Giovanni Paolo II, monsignor Alberto D’Urso, che alla luce del mancato accenno ai temi dell’usura e dell’indebitamento patologico da gioco d’azzardo ha scritto una lettera a Giuseppe Conte chiedendo un’audizione urgente.
Ma gli appelli e le segnalazioni indirizzati a Palazzo Chigi affinché non si trascuri il dossier azzardo arrivano dall’interno della stessa maggioranza. Giovanni Endrizzi – senatore pentastellato che si occupa di questo tema fin dalla scorsa legislatura e, da qualche mese, coordinatore del comitato sui rapporti tra mafie e gioco d’azzardo – dice chiaramente che dopo aver messo un primo e fondamentale tassello con il Decreto Dignità il compito della politica in questo campo non può certo considerarsi esaurito. «Il governo è chiamato ad assumere impegni chiari e a compiere scelte precise già a partire dalle prossime settimane – afferma Endrizzi –. Sull’azzardo, del resto, non sono ammissibili passi indietro e mi auguro che nessuno voglia mettere in discussione le conquiste ottenute finora».
I primi test su cui sarà giudicato l’operato di Palazzo Chigi, secondo Endrizzi, saranno le nomine dei vertici Agcom e il futuro che avrà la cosiddetta circolare Villarosa, ovvero il documento ministeriale che prende il nome dal sottosegretario (confermato al Mef anche nel nuovo esecutivo) in cui si specifica come nel perimetro del divieto di pubblicità sia compresa pure la semplice informazione generica. «L’azione che mi aspetto dal governo nascente parte proprio da quella circolare che fa chiarezza e consente sponsorizzazioni ed eventi sportivi liberi dall’azzardo, con partite di calcio di Serie A finalmente e tranquillamente fruibili in tv anche da bambini e ragazzi – spiega Endrizzi –. La crisi di governo scatenata proditoriamente e a ciel sereno dalla Lega, ha temporaneamente frenato l’iter della circolare, che, firmata, attende le procedure di emanazione e pubblicazione».
Ora, secondo Endrizzi, spetta al Tesoro muoversi affinché il percorso sia completato: «Il ministro Gualtieri dovrebbe accelerare la notifica ai concessionari e cristallizzare la certezza su un tema come il divieto totale di pubblicità e sponsorizzazioni sull’azzardo che i cittadini hanno fortemente appoggiato ed è contenuto negli impegni elettorali di M5s, ma anche in quelli di Pd e Leu». Molti eletti delle forze di maggioranza, inoltre, hanno sottoscritto l’appello della campagna "Mettiamoci in Gioco" che vede il "No" a ogni forma di pubblicità come punto irrinunciabile. «Parliamo di esponenti di spicco, come il capogruppo alla Camera Delrio, che oltretutto ha partecipato ultimamente a tavoli negoziali sull’argomento».
La fase 2 della lotta all’azzardo, per Endrizzi, passa anche dalle nuove nomine dei vertici Agcom, scaduti a luglio. «È necessario escludere assolutamente ipotesi che abbiano il minimo fumus di conflitto di interessi e adottare profili a 5 stelle, non nel senso dell’appartenenza ma del metodo. Servono, cioè, figure specchiate, competenti e totalmente indipendenti dalla politica».
Ai nodi imminenti da sciogliere si aggiunge una linea di indirizzo precisa da seguire: «Con il Decreto Dignità sono entrate in vigore norme chiave che mirano a dare più consapevolezza e a frenare la domanda di azzardo, dalla messa al bando la dicitura “ludopatia” (termine che confondeva l’azzardo con il gioco) fino all’obbligo di inserire pure sui “Gratta e vinci” avvertenze di pericolo, ma adesso bisogna fare di più». L’obiettivo deve essere quello di creare le condizioni affinché si riduca una raccolta da 107 miliardi di euro all’anno: «È indispensabile che il governo si impegni a non consentire ulteriori incrementi di questo mostruoso volume – sostiene Endrizzi –. Non solo: bisogna gettare le basi per una sua progressiva ed equilibrata riduzione nel prossimo futuro fissando traguardi chiari e riscontrabili»