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L'inchiesta hacker. Spiate le alte cariche dello Stato, un «pericolo per la democrazia»

Massimo Chiari lunedì 28 ottobre 2024

«Un pericolo per la democrazia di questo Paese». Il commento della Direzione distrettuale antimafia di Milano è netto. L'allarme alto. La storia brutta. I risultati dell'indagine della Dda è noto da ore: venerdì scorso con quattro arresti e due sospensioni dal servizio è stato smantellato un network di presunti spioni guidato dall'ex super poliziotto Carmine Gallo, braccio operativo di Enrico Pazzali, il presidente di Fondazione Fiera e titolare di Equalize, la società di investigazione perno di una attività di dossieraggio a livello industriale per i magistrati «inquietante» in quanto avrebbe potuto essere in grado di «tenere in pugno» cittadini e istituzioni e «condizionare dinamiche imprenditoriali e procedure pubbliche, anche giudiziarie». Ora dopo ora emergono particolari e si accavallano reazioni. È una storia tutta da capire. Anzi da decifrare. È la storia della "banda dei dossier". Di talpe nelle procure. Di legami con i servizi.
Dagli atti dell'inchiesta emerge che nella rete dell'associazione con base in via Pattari sono finiti migliaia e migliaia di nomi. Ma anche le più alte cariche del nostro Paese. L'allarme è alto. E prende forma dietro lo sfogo del ministro della Difesa Guido: «Le dimensioni ormai raggiunte dai fenomeni che stanno emergendo, che per me non sono che la punta dell'iceberg di un malcostume diffusissimo, debbano portare anche il Parlamento ad una riflessione su come vada affrontato, normato ed indagato questo tema, che può gravemente minare la convivenza democratica, influenzandone uno svolgimento corretto».

Sono ore complicate. Tutti sentono tutti. Tutti si sentono coinvolti. A destare l'allarme di inquirenti e investigatori è un dialogo intercettato che fa temere che la rete di Gallo e i suoi sodali sia arrivata in qualche modo al Quirinale. Si capisce un indirizzo email assegnato alla massima carica dello Stato, il Presidente Sergio Mattarella sarebbe stato clonato. Dal Quirinale nessun commento sulla vicenda anche perchè - fanno sapere dal Colle - c'è un'inchiesta in corso. Nel mirino del gruppo, su richiesta di Pazzali, il quale avrebbe fatto un «uso incontrollato del dossieraggio», ci sono anche anche il presidente del Senato Ignazio La Russa e il figlio Geronimo. Nel maggio 2023, il presidente di Fondazione Fiera, negli uffici della sua società aveva chiesto ai suoi un report sul senatore di Fdi. La Russa non ci sta: «Sono disgustato - è il commento del presidente del Senato - dal fatto che ancora una volta i miei figli, Geronimo e Leonardo, debbano pagare la "colpa" di chiamarsi La Russa se risulterà confermato che anche loro sono stati spiati. Ora l'unica cosa che mi premerebbe sapere è chi possa aver commissionato il dossieraggio contro la mia famiglia».

Ora dopo ora l'inchiesta pare allargarsi a dismisura. Giorgia Meloni riflette così: «Nella migliore delle ipotesi c'è un sistema di ricatto ed estorsione, ma nella peggiore siamo davanti al reato di eversione... Una vicenda che nessuno Stato di diritto può tollerare e di fronte alla quale mi aspetto che la magistratura vada fino in fondo». La premier ricorda come, il dossieraggio su di lei sia cominciato già alla fine del governo Draghi, «quando si capiva che sarei potuta andare al governo». E parla del conto spiato di sua sorella, vicenda al centro di un'altra indagine: «Credo che si accaniscano su Arianna perché non ha le tutele che posso avere io, ma colpire lei è come colpire me». La politica reagisce. Il partito di Matteo Salvini annuncia una proposta in Parlamento per «punire ancora più severamente chi vìola la privacy per ricattare e condizionare». Una linea simile a quella tracciata dal vicecapogruppo di FdI alla Camera, Alfredo Antoniozzi, secondo cui «il Parlamento deve legiferare con immediatezza introducendo pene durissime per chiunque violi la privacy altrui». Per il leader di FI, Antonio Tajani, «la storia dei dossier è inaccettabile, una minaccia alla democrazia». Le opposizioni chiedono al governo di «garantire la sicurezza dello Stato e la sua inviolabilità» e polemizzano con la maggioranza su magistratura e intercettazioni.