Dossier Libera. Cresce la "variante" mafia, gli affari dei clan durante la pandemia
La “variante” criminalità sta infettando il tessuto economico e sociale del Paese, un virus criminale che ha accompagnato questi due anni di pandemia. Dati allarmanti quelli del 2020-2021 rispetto al biennio precedente: +24% per le segnalazioni di operazioni finanziarie sospette (quasi 253mila); 3.919 interdittive antimafia nei confronti di imprese, + 33%. E il contagio corre sul web: +39% per i delitti informatici, +32% per truffe e frodi informatiche.
Ed è un vero boom sul fronte delle droghe, con quasi 40 tonnellate sequestrate, ben il 241% in più, rispetto al 2018/19. Il 74% in Campania e Calabria. Stabili, invece, i reati di usura, diminuiscono estorsione, riciclaggio e impiego di denaro. Sono i gravissimi dati raccolti da Libera e Lavialibera nel dossier “La tempesta perfetta 2022. La variante Criminalità” nel quale sono stati elaborati dati e analisi delle Forze dell'Ordine, del Ministero dell’Interno e della Banca d’Italia. In fortissima crescita soprattutto i reati legati all’economia e in particolare nelle regioni del centro-nord. È stata elaborata per ogni regione la variazione percentuale tra i due bienni per i singoli reati. In base al rialzo legato diffondersi della variante “criminalità” è stata posizionata la regione in zona rossa (massimo rischio dove si è registrato un incremento percentuale tra il 26-100%), zona arancione (alto rischio dove si è registrato un incremento percentuale tra il 11-25%), zona gialla (rischio moderato dove si è registrato un incremento percentuale tra il 1-10%) e zona bianca (rischio basso dove si è registrato un calo di percentuale).
E a conferma che la criminalità è sempre più diffusa sono Sardegna, Puglia e Friuli Venezia Giulia le regioni con maggior numero di zone rosse. Per quanto riguarda le segnalazioni sospette sono sette le regioni in zona rossa (Sicilia, Calabria, Puglia, Lazio, Sardegna, Basilicata, Trentino Alto Adige).
Incrementi maggiori nel Lazio (+57%), Trentino Alto Adige (50%) e Sardegna (+38%). Per le interdittive antimafia emesse dalle prefetture nei confronti di aziende controllate o condizionate dalle organizzazioni criminali ben 15 sono le regioni in zona rossa con situazioni record in Sardegna(+600%), Veneto (+471%), Trentino Alto Adige (+300) e Toscana (+170%). In termini assoluti il maggior numero di interdittive riguarda la Campania (929 nel biennio pandemico), segue la Calabria (914), la Sicilia (466, dove però si registra un calo del 31% rispetto al biennio 2018/19) e Emilia Romagna (321). Per i delitti informatici sono 14 le regioni in zona rossa con primato alla Basilicata (+83%) Sardegna (+63%) e Campania (+56%).
Per quanto riguarda le truffe e frodi informatiche, i dati rilevano un’Italia quasi tutta in zona rossa, ben 12 le regioni, con punte del +61% in Veneto, +49% in Puglia e +44% in Toscana. Si mantiene stabile l’andamento dei reati di usura (solo +1,3%) nel biennio pandemico rispetto al biennio 2018/19. I maggior incrementi vengono segnalati in Basilicata (+500%) e Friuli Venezia Giulia (+133%) e Puglia e Lazio (+32%). L’analisi dei dati mostra la diminuzione più rilevante per il reato di riciclaggio e impiego di denaro, con il dato in calo del 20%. Con qualche sorpresa. Sono tre le regioni che nonostante il calo a livello nazionale, si colorano di rosso: Valle d’Aosta (+166%), Molise (30%) e Sardegna (28%). Altra regione che registra un aumento pari al 22% è la Lombardia. Calano i reati di estorsione del 4% durante i due anni di pandemia rispetto al biennio precedente. Con alcune regioni, quelle considerate nell'immaginario collettivo “isole felici”, che vanno in controtendenza con incrementi da zona rossa come Friuli Venezia Giulia (+32%), mentre in zona arancione troviamo l’Umbria (+21%), la Sardegna (+19%) e il Trentino Alto Adige (+15%).
“Nella testa “arcaica” del boss si è impiantata la visione “moderna” del manager - commenta il presidente di Libera, don Luigi Ciotti -. Così se i fatti di sangue oggi paiono in diminuzione – ma in certi contesti la violenza diretta e l’omicidio sono ancora prassi – è perché la “variante” mafiosa ha assunto sempre più l’aspetto di una più generica “variante criminale” che uccide meno i corpi e più le speranze, agendo come un parassita sociale che ruba il bene comune, i diritti, inquinando l’economia e minando le basi della democrazia. In questi due anni di Covid- conclude don Luigi - il contagio della “variante criminale” è arrivato ai massimi livelli storici approfittando dello stallo politico, economico e sociale determinato dal virus.
Tutti ci auguriamo di lasciarci alle spalle la pandemia e lo stallo in cui per due anni ci ha costretti a vivere, ma ripartire con la “variante criminale” ancora diffusa nel corpo sociale rischia di trasformare la ripartenza in una ricaduta nei virus di mafia e corruzione, una ricaduta dalla quale sarà difficile rialzarsi”. Il rischio, analizza il dossier, è che lo si consideri “una “patologia nazionale” ormai cronicizzata, in un processo di normalizzazione per cui meglio fingere che il problema non esista o sia meno grave di quel che sembra coesistere - e se possibile fare affari - con le mafie e grazie alla corruzione sembra diventata la strategia vincente di molti “colletti bianchi”.
Eppure negli ultimi due anni per afferrare i profitti da virus è nato un nuovo mercato criminale, in grado di propagarsi con la stessa rapidità del Covid-19”. Così “in una prima fase è emerso l’interesse anche di soggetti presumibilmente legati ad ambienti della criminalità organizzata a entrare nel comparto della produzione o della commercializzazione di prodotti sanitari, medicali e di dispositivi di protezione individuali”. Ma dagli inizi del 2021”emergono con maggior frequenza ipotesi di vere e proprie infiltrazioni nelle imprese e tentativi di appropriazione di fondi pubblici destinati al sostegno all’economia, con operazioni simulate per precostituire i requisiti per l’accesso ai fondi”. Secondo uno studio della Dia sono state rintracciate ben 270 imprese che avevano incassato fondi previsti per la crisi da pandemia e che risultavano colpite da interdittiva antimafia: erano già stati erogati 40 milioni di euro. Sono più di 9mila i ristoranti che a causa della pandemia potrebbero trovarsi in condizioni di vulnerabilità finanziaria, il che li renderebbe esposti a infiltrazioni criminali e al riciclaggio di denaro. Ma gli occhi vanno tenuti ben aperti sui bandi di gara delle pubbliche amministrazioni.
Dall’inizio della pandemia al 6 dicembre 2021 sono stati messi a base d’asta, per l’emergenza, cifre pari a 27,76 miliardi di cui sono solo 11,45 miliardi le risorse che sappiamo effettivamente aggiudicate e complete di tutti i dati del caso, mentre restano lotti per 15,55 miliardi di euro con esito scaduto, sconosciuto, o con informazioni incomplete. Possiamo affermare che davanti all’enorme quantità di denaro messo a bando per tentare di arginare la crisi sanitaria scatenata da Covid, pari a 27 miliardi di euro per oltre la metà delle risorse, il 58%, non abbiamo piena informazione: è l’“indice di non piena conoscibilità” rispetto alle spese Covid. Maglia nera per la Liguria. Dei 401 milioni di euro conosciamo solo il 9 % della spesa. Non va sicuramente meglio sul fronte della trasparenza per l’Abruzzo, solo il 15% dei 244 milioni, solo il 16% del miliardo e mezzo per il Piemonte e dei 190 milioni di euro per l’Umbria.