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Intervista al direttore di Legambiente. «Dopo Malagrotta, nuovi impianti»

ANTONIO MARIA MIRA domenica 31 luglio 2016
ROMA «Rispetto a un anno fa, a due anni fa, non è cambiato un granché. Era una situazione critica e lo è ancora oggi. È critica da quando fortunatamente abbiamo chiuso la discarica di Malagrotta. Si è interrotto quel meccanismo perverso che ha governato il ciclo dei rifiuti, ma non è aumentata la differenziata né si sono fatti gli impianti. Da quel momento in poi Roma è andata in tilt». È la dura analisi di Stefano Ciafani, direttore generale di Legambiente, ingegnere ambientale e trasteverino doc. Che dice di «non aver capito quale sia ora il progetto della giunta Raggi». Come mai Roma è in tilt? La chiusura di Malagrotta avrebbe dovuto velocizzare due processi che non si sono concretizzati: aumentare la differenziata e costruire gli impianti. Per ridurre i conferimenti fuori regione. Quanto va fuori regione? Almeno il 50% dei rifiuti continua ad an- dare in discarica in Emilia Romagna. Mentre la parte combustibile va negli inceneritori, soprattutto Colleferro e San Vittore. Poi c’è l’umido che va a compostaggio: 160 autoarticolati ogni giorno pieni di organico differenziato vanno negli impianti di Padova e Pordenone. Questa è la follia quotidiana. A quanto ammonta oggi a Roma la differenziata? Ama dice il 40%. Io vorrei proprio sapere quanto di quel 40% va davvero a riciclo. Forse saremo al 30%. Questo è il primo problema. Il secondo? Né la giunta Marino e la giunta Zingaretti - perché la Regione ha dei compiti ben precisi - né la giunta Raggi né ancora oggi la giunta Zingaretti, hanno le idee chiare su cosa si deve fare sul fronte impiantistico. Roma invece deve fare gli impianti se vogliamo smettere di arricchire la categoria dei trasportatori su gomma. Quali e quanti impianti servono? I primi sono quelli di trattamento dell’organico. Roma dovrebbe costruirne almeno 15 da 30mila tonnellate per produrre biometano. E invece? Nulla. C’era un progetto che aveva presentato Ama durante la giunta Marino per fare un digestore anaerobico a Rocca Cencia, sito di proprietà Ama dove c’è già il Tmb (trattamento meccanico biologico dell’indifferenziato, ndr). Andrebbe ripreso per trasformare quel sito in un ecodistretto con produzione anche di compost e biometano. Ma sarebbe uno solo, non 15... Sarebbero tre linee per quasi 100mila tonnellate. Non sarebbero sufficienti ma se non si comincia... Quanto si spende per mandare l’umido nel Nordest? Si paga il doppio. Se avessimo l’impianto a Roma pagheremmo 90-100 euro a tonnellata, mandando fuori regione almeno 180. E 100 sono solo per il trasporto. La stessa cifra che paghiamo portando in discarica in Emilia. Oltre agli impianti per l’umido cosa altro servirebbe? Servirebbero dei centri comunali di raccolta. Roma ne ha solo 5, è assurdo. Ne servirebbe almeno uno per municipio, realizzando accanto i centri del riuso, per quello che non è proprio da buttare, reimmettendolo nel ciclo di vita per categorie sociali che non si possono permettere il nuovo. Altri Tmb servirebbero? Assolutamente no. Sarebbe una follia. Se aumentiamo la raccolta domiciliare, che oggi fanno solo 900mila abitanti su 2 milioni e 600mila, avremo sempre meno bisogno dei Tmb, due dei quali sono oltretutto del discusso Cerroni. Sembra che invece la Muraro voglia incrementarne l’uso. La conosco bene. È un’esperta. Sa che per gestire bene i rifiuti servono gli impianti. Vorrei che avesse il mandato politico dal sindaco per farli. Ma pubblici. Per ora vedo che parla solo di Tmb. Ma ancora non ho capito la posizione della giunta. Il Comune di Roma, visto che vuole aumentare la differenziata, che ha in mente la strategia rifiuti indifferenziati zero, assolutamente condivisibile, visto che per fare tutto questo servono tanti impianti, ci deve spiegare se li vuole fare e dove. Anche perché ci vorranno 1-2 anni. Perché per ora non si è riusciti a fare nulla? Si è chiusa Malagrotta ma non si è archiviato il sistema che aveva garantito quel ciclo dei rifiuti. Quando ci sono progetti, pubblici o privati, che non fanno parte della storia degli ultimi 30 anni c’è sempre qualche problema. Per cambiare davvero serve, alla Regione e al Comune, quel coraggio che nei fatti ancora non hanno dimostrato. Però appena si fa la proposta di un impianto nasce subito un comitato per il 'No'. Non esiste ciclo virtuoso dei rifiuti senza gli impianti. Ovviamente dobbiamo abbandonare l’idea del governo di risolvere il problema dei rifiuti puntando sugli inceneritori, ma fare tanti impianti di riciclo che soprattutto nel Centro-Sud mancano. Ma la politica deve dire che gli impianti si realizzano sul proprio territorio. Altrimenti si fa la differenziata ma il riciclo avviene a centinaia di chilometri di distanza. Si possono poi sperimentare forme di partecipazione dei cittadini, ma con l’obiettivo di fare gli impianti, non di farli da un’altra parte.