Non era di partito e forse per questo faceva ancora più impressione, ma la manifestazione dal titolo 'se non ora quando?' ha portato una folla inimmaginabile di donne nelle piazze italiane (in alcuni casi anche all’estero) e il giorno dopo viene considerato un «grande successo politico » – malgrado la dichiarata volontà iniziale – andato «oltre le più ottimistiche previsioni».A tracciare il bilancio «esaltante» sono le organizzatrici della sfida al premier. E a soffrirne oltremodo è proprio quel Silvio Berlusconi che sulla piazza e sul consenso spontaneo (per gran parte femminile) fonda le sue radici. Ma il capo del governo contesta con forza l’apoliticità dell’iniziativa, bollata anzi come «faziosa» e orchestrata dalla sinistra, pronta questa a trarre comunque vantaggi dall’invasione rosa. Parole su cui in coro replicano il Pd e gli altri partiti di opposizione. Berlusconi però non si convince. «Mi è sembrato un pretesto per sostenere il teorema giudiziario che non ha nessun riscontro nella realtà: una mobilitazione di parte, faziosa, contro la mia persona da parte di una sinistra che cavalca qualsiasi mezzo per abbattermi », spiega il premier. Insomma, «una vergogna». Perché, dice il premier, «le donne che mi hanno conosciuto sanno con quanto rispetto io mi rapporto con loro». Non politica nelle intenzioni del giorno prima, ma diverse erano le rappresentanze spontanee dei partiti di opposizione nei cortei. Il segretario del Pd Pier Luigi Bersani parla di una risposta della «parte migliore del Paese», quella che «ci aiuterà ad andare oltre Berlusconi», anche se «ora non aspettiamoci giorni facili». E anche Pier Ferdinando Casini si impressiona davanti ai numeri. «Imparerei a rispettare gli altri, piuttosto che insolentirli sempre». Ma a colpire di più, secondo Walter Veltroni, è che Berlusconi ha perso «la capacità di essere in relazione e di interpretare il Paese». E la conseguenza è che ora si deve «voltare pagina». Non si preoccupa dell’interpretazione berlusconiana il suo predecessore. «Lasciamo che Berlusconi pensi che sono le solite donne di sinistra – concede ironico Romano Prodi – . Dobbiamo lasciarlo alle sue convinzioni: come dimostra la storia ci sono persone che hanno un potere molto forte e credono che sia assoluto e carismatico e quindi non riflettono mai se l’opposizione ha delle ragioni». Se però le opposizioni esultano, la maggioranza fa quadrato. «Un’iniziativa nata e cresciuta nei salotti della cultura politica e del cinema», dice il ministro Mariastella Gelmini. Nel coro, si leva solo la voce di Alessandra Mussolini, che pungola il premier. «Quella di domenica è stata una grande manifestazione di popolo, con tanta gente comune: occorre senza dubbio una riflessione», dice ai suoi. Non si lasciano smontare, comunque, le organizzatrici, decise a rimanere sulla cresta dell’onda. «È andata oltre le più ottimistiche previsioni». Le promotrici si godono il risultato e cercano di non chiudere così la partita, considerata anzi alle prime battute. «Il bilancio è esaltante – spiega Francesca Izzo, docente universitaria e una delle menti del Comitato promotore – parliamo di oltre 200 piazze, è un fatto straordinario. Non c’è mai stata una tale mobilitazione di popolo guidata da donne nel nostro Paese». Per questo, dice, se ne può trarre un giudizio politico: «le parole d’ordine che erano state al centro della mobilitazione, gli obiettivi e i sentimenti hanno incontrato un’adesione larga e spontanea». E il successo è tanto più imprevisto in quanto le iniziative sono partite da un «comitato piccolo, composto da donne che non avevano certo la capacità di mobilitare più di un milione di persone. Vuol dire che l’esigenza che l’Italia diventi un Paese per donne è qualcosa di profondamente sentito».