Attualità

Vent'anni dalla morte. «Don Diana, aiutaci a cambiare questo Paese»

Antonio M. Mira mercoledì 19 marzo 2014
«La camorra vende la vita per trenta denari, come Giuda. Ma poi cosa rimane? Nulla. La sua prepotenza si esprime sempre con la morte». Sono le forti parole di monsignor Angelo Spinillo, vescovo di Aversa e vicepresidente della Cei nella messa per ricordare don Peppe Diana, ucciso dalla camorra il 19 marzo 1994. Erano le 7,25 e stava per celebrare la messa nella sua parrocchia di S.Nicola a Casal di Principe. La stessa ora e la stessa chiesa anche oggi per ricordarlo. «Quella mattina - dice ancora il vescovo - don Peppino ha celebrato la sua offerta assieme al sacrificio di Cristo. Chiamato come Gesù a offrire la sua vita don Peppino ha celebrato la sua messa». Oggi tanta gente lo ricorda affollando la piccola chiesa. Più di 70 sacerdoti, uomini delle istituzioni come il procuratore di Reggio Calabria Cafiero de Raho che indagò su quell'omicidio, il prefetto e il questore di Caserta. Ma soprattutto quel popolo per quale don Peppe aveva scelto non non tacere. C'é emozione, commozione. «Hai dato la vita per il tuo popolo, quel popolo che ha continuato a lottare - gli si rivolge la sorella Marisa -. Ci manchi tantissimo. Veglia su di noi come una stella». Ma è soprattutto Vincenzo, ragazzo disabile e grande amico di don Peppe a far sciogliere le lacrime a tutti. «Sei sempre nel mio cuore, stammi vicino. Aiutaci a cambiare questo paese, a dimenticarci della camorra». Davvero come dice il vescovo «quell'ora tremenda in cui il male sembra prevalere è diventata ora di resurrezione». Perché come afferma con forza don Luigi Ciotti «casalesi è il nome di un popolo e non di un clan». «Oggi lo possiamo dire anche grazie al sacrificio di don Peppe», aggiunge il procoratore Cafiero de Raho. Applausi. E può partire il corteo verso il cimitero. Lunghissimo. Almeno 30mila persone.