«Darò tutte le prove che vogliono, ho i numeri, solo io posso governare nel pieno di una crisi mondiale. E sbaglia chi, nell’opposizione e nella maggioranza, dice il contrario magari paragonandoci a Spagna o Grecia. Chi dovesse causare un salto nel buio se ne dovrà assumere le conseguenze». Il sentiero-madre non cambia. Berlusconi, incassato il colpo sul rendiconto di bilancio, prova oggi il rilancio in Aula. Una strategia fragile, ne è cosciente, perché i «quattro gol» con cui vuole galvanizzare i suoi (sviluppo, fisco, riforma delle istituzioni e della giustizia) hanno «un ché di noto», per usare l’ironia delle sue truppe in Transatlantico. Ma domani la fiducia, dicono a palazzo Grazioli, «ci sarà». Al punto che, per seguire l’onda, il premier potrebbe recarsi la settimana prossima anche al Senato, dove opera e tesse la tela l’altro ex dc considerato "pericoloso", Beppe Pisanu, ieri segnalato in un fitto conciliabolo con una delle tre punte del Nuovo Polo, Rutelli.Il discorso su cui chiedere la fiducia, ieri pomeriggio, era pronto. Un testo breve, non approfondito perché sul capitolo essenziale, l’economia, il decreto sviluppo ancora non c’è. E che dunque punta di più sulla necessità di offrire «stabilità» ai mercati. Il Cavaliere l’ha fatto leggere ad Alfano, Gianni Letta, Cicchitto, Tremonti, Bossi e Calderoli, solo per citare qualcuno degli ospiti di giornata a palazzo Grazioli.Cruciale è, nella sua agenda, l’appuntamento con Scajola. Di nuovo a pranzo, di nuovo per due ore di colloquio. Gli interlocutori ripetono le stesse parole di martedì: «È stato un dialogo franco», che vuol dire duro, ricco di insidie. Gli scajoliani l’altro ieri hanno dato un saggio della loro forza, ma non faranno lo sgambetto. L’ex ministro, tuttavia, sembra aver posto delle condizioni. Alcuni dicono sull’ipotesi di varare subito un Berlusconi-bis. Altri ribadiscono che il vero obiettivo è costringere il premier a fare un passo indietro e lasciare spazio, per un governo di transizione, ai vari Letta, Alfano, Frattini o Schifani (in Transatlantico si azzarda anche una proposta dell’ultima ora: il presidente del Senato al timone, Alfano e Maroni garanti che l’asse resta quello di centrodestra, e per il Cavaliere strada spianata verso la poltrona a vita a Palazzo Madama). Altri ancora assicurano che nel mirino di Scajola ci sia Angelino Alfano e il suo ruolo di costruttore del nuovo Pdl. Di certo i "malpancisti" che voteranno la «fiducia» vorranno poi subito dopo un «segno di discontinuità», altrimenti, dice Paolo Russo, «da martedì siamo di nuovo sotto il cielo...». D’altra parte l’ipotesi di gruppi autonomi «con le mani libere» non è ancora tramontata, e anzi potrebbe giocare di sponda con il drappello che sta cercando di raccogliere Santo Versace (l’ex deputato azzurro ha già annunciato il «no» alla fiducia). È vista invece come "non ostile" da palazzo Grazioli l’associazione fondata da Crosetto, Controcorrente, che raduna 30 parlamentari scontenti sì ma «costruttivi».Berlusconi guarda un ostacolo alla volta. È certo che, con il vento in poppa della fiducia, placherà le preoccupazioni del Colle. D’altra parte, l’intervento di Napolitano è stato visto più come un appiglio che come un affondo. E sull’«incidente tecnico» del rendiconto la soluzione sarà varata già stamattina in Cdm. Quello del Colle è dunque un «avviso» a fare, ma non un invito alla resa. Piuttosto, moti di rabbia si registrano ancora verso Fini: «Doveva far continuare il voto, ha forzato la mano, ma oggi il capo dello Stato l’ha smentito», commenta il premier. Che poi a ministri e colonnelli lancia un nuovo mantra: «Dopo tutti zitti e a lavorare, deciderò io su Bankitalia (Saccomanni?) e decreto sviluppo. E chi non ci sta dovrà venire allo scoperto».Al suo obbligato ottimismo fa da controcanto una pletora di voci contrastanti. «Sta preparando il voto ad aprile». «No, fa il rimpasto». Una voce si insinua più forte: la figlia Marina e Confalonieri avrebberochiesto un suo passo indietro per salvaguardare il patrimonio della famiglia. E addirittura si dubita che domani ci sia il voto di fiducia («lo spostano a martedì»). Alfano, dal Molise, dove si sta svolgendo una campagna elettorale "deberlusconizzata", smentisce e riporta tutti sulla strada che va verso il 2013. Per blindare l’esecutivo, in serata il premier incontra prima Tremonti e poi il duo Bossi-Calderoli. Con il ministro dell’Economia parla del ddl-rendiconto, ma cerca anche una sponda - difficile - per i passaggi dedicati allo sviluppo. Con i big del Carroccio fa una ricognizione sulla tenuta delle truppe e sull’agenda d’Aula. Resta un’incognita: annuncerà l’addio nel 2013?