La chiamano «stanza magica». Quando si spegne la luce gli oggetti si animano con suoni e luci, spuntano fasci di fibre ottiche che nel buio si possano carezzare e morsicare, i tappeti si illuminano. Ci vengono i bambini che frequentano la scuola elementare interna del centro milanese di Santa Maria Nascente della Fondazione Don Gnocchi, dietro lo stadio di San Siro. È una realtà unica in Italia, stimola i sensi di bambini e ragazzi affetti da gravissime disabilità sensoriali, fisiche e psichiche dovute a una patologia genetica o a difficoltà del parto. Il vanto delle insegnanti sono i corsi di danza tenuti da una ballerina della Scala. In un altro padiglione, i ragazzi tetraplegici sviluppano le loro potenzialità con un videogame ambientato in un giardino zoologico, proiettato su schermo gigante, con un software studiato appositamente. In un’altra stanza a chi non può parlare due operatrici insegnano i linguaggi per immagini per comunicare le loro esigenze. «Tutti interventi di avanguardia – commenta Diego Maltagliati, direttore del centro fondato dallo stesso don Gnocchi nel 1955 – che non rientrano nella retta pagata per queste persone da comuni, Asl e Regione». Le cifre sono infatti ferme al 2002, in alcuni capitoli al 1999 o addirittura al 1997. A fronte di un aumento del costo del lavoro del 30% circa. Invece la Fondazione che porta il nome dell’angelo dei mutilatini non ha diminuito sulla qualità del servizio sul versante chiamato «socio educativo». La crisi del welfare con i tagli ai bilanci sociali privilegia l’assistenza sanitaria e mette in forse questi interventi. Per patologie inguaribili significa smettere di cercare progressi. Ma questa realtà non rinuncia a tradurre in pratica la missione di don Gnocchi, che verrà beatificato il 25 ottobre, la cura del dolore innocente. Tuttavia la recessione colpisce le famiglie dei disabili in tanti modi. «Pensiamo a nuclei spesso penalizzati economicamente – spiega Marcello Bedin, responsabile dell’area socio educativa – nei quali uno dei due coniugi rinuncia al lavoro o sceglie il part time. Che si sentono spesso soli di fronte a difficoltà famigliari già pesanti. Di questi tempi le aziende cercano di tagliare quei dipendenti che chiedono spesso permessi o non fanno straordinari. Se avviene, è il dramma. Ma come fa a lavorare oltre l’orario chi alle cinque di sera ha a casa un figlio immobilizzato a letto? Per cercare di superare le difficoltà e rompere muri di solitudine abbiamo avviato gruppi di mutuo aiuto». Al centro di Villa Cagnola a Inverigo, in Brianza, vengono curate circa 50 persone con disabilità gravissime che frequentano anche la materna e la scuola interna. La struttura venne acquistata nel 1949 dal prete milanese. «Il concetto – aggiunge il direttore Silvio Colagrande –è che i bisogni dei bambini ospitati scaturiscono da patologie irreversibili che generano processi involutivi, ponendo quindi la necessità di rispondere con tutti gli strumenti utilizzabili in campo clinico, riabilitativo, educativo e assistenziale. Le rette ferme da sette anni sono un problema. Ma dobbiamo continuare». E allora nei 20 centri della Fondazione in tutta Italia si punta sul volontariato, anche se con la recessione langue, sugli sponsor istituzionali, sulle donazioni che nei centri più vecchi affluiscono spontaneamente. Fantasia, creatività e progetti innovativi con le Asl per risparmiare e dare speranze a ospiti e a famiglie. Molte migrate dal sud per garantire ai propri figli cure adeguate e maggiore integrazione. In Lombardia sorgono infatti i centri della Don Gnocchi per le insufficienze psicofisiche più gravi. La villa di Pessano nel nordest milanese nel 1949 divenne il primo centro. Gli operatori hanno deciso di puntare sul disagio dei 43 nuclei cui appartengono gli alunni della scuola interna, attraverso alcuni progetti. Anzitutto la realizzazione di centri per l’animazione estiva con la collaborazione di adolescenti dell’oratorio del vicino comune di Carugate. Secondo, coinvolgere le parrocchie del comprensorio nell’accoglienza dei genitori quando portano i figli al catechismo.A Salice Terme, sull’Appenino pavese, si sperimentano infine azioni di inserimento di disabili motori in comunità per risparmiare almeno un terzo dei costi del ricovero. La Fondazione ha una struttura disponibile, ma la crisi in questo momento ostacola la ricerca di posti di lavoro che garantiscano un reddito dignitoso per mantenersi.Al primo piano c’è la residenza per anziani, dove alcune madri, vedove e anziane di disabili ormai adulti, si sono fatte ricoverare per stare accanto ai figli fino all’ultimo momento concesso.