Attualità

Trieste. Per gli «analfabeti di democrazia» il vocabolario di Mattarella

Angelo Picariello, inviato a Trieste mercoledì 3 luglio 2024

Sergio Mattarella durante il suo discorso a Trieste

La democrazia è un bene prezioso, ma non può trasformarsi in assolutismo della maggioranza, in un esercizio del potere senza limiti. Anche perché non è una conquista acquisita una volta per tutte. Bisogna «battersi affinché non vi possano essere “analfabeti di democrazia”, è una causa primaria, nobile, che ci riguarda tutti. Non soltanto chi riveste responsabilità o eserciti potere». L’intervento di Sergio Mattarella suggella la giornata inaugurale della Settimana sociale dedicata proprio ad andare al «cuore», ossia alla storia e alla attualità, di questa parola, mesa in discussione da segnali che vengono dal vissuto del nostro Paese, ma anche dai modelli che la scena internazionale propone.


Il capo dello Stato, accolto da un applauso caloroso ancor prima di prendere la parola, allorquando lo ha evocato in apertura di intervento il cardinale Matteo Zuppi, ripercorre la storia di un secolo di impegno e di conquiste faticose, anche nella Chiesa.
Il passaggio più importante lo fa citando Egidio Tosato, giurista e poi costituente intervenuto alla cruciale Settimana sociale di Firenze del 1945. Il quale, ricorda Mattarella, «contestò l’assunto di Rousseau, in base al quale la volontà generale non poteva trovare limiti di alcun genere nelle leggi, perché la volontà popolare poteva cambiare qualunque norma o regola». Tosato parlò di una «presunta volontà generale» che in realtà «è la volontà di una maggioranza, che si considera come rappresentativa della volontà di tutto il popolo» e che «può essere, come spesso si è dimostrata, più ingiusta e più oppressiva che non la volontà di un principe». Fu, rimarca Mattarella, «un fermo no, quindi, all’assolutismo di Stato, a un’autorità senza limite, potenzialmente prevaricatrice». Invece, «la coscienza dei limiti è un fattore imprescindibile di leale e irrinunziabile vitalità democratica». Cita Guido Gonella, relatore anch’egli alla Settimana di Firenze nel 1945, che indicò il rischio «di poter passare con indifferenza dall’assolutismo alla demagogia, per ricadere all’indietro verso la dittatura». Ma cita anche Norberto Bobbio che sottolineava «l’imprescindibilità della definizione e del rispetto delle “regole del gioco”» e il ruolo «insopprimibile delle assemblee elettive», segnalando anche lui il tema dei «limiti alle decisioni della maggioranza, nel senso che non possano violare i diritti delle minoranze nel senso che non possano violare i diritti delle minoranze e impedire che possano diventare, a loro volta, maggioranze».

La democrazia va quindi “curata”, difesa, anche come «antidoto alla guerra», e questo impone «la necessità di costruire una solida sovranità europea che integri e conferisca sostanza concreta e non illusoria a quella degli Stati membri. Che consenta e rafforzi la sovranità del popolo disegnata dalle nostre Costituzioni ed espressa, a livello delle istituzioni comunitarie, nel Parlamento Europeo». Il riferimento all’Europa è uno dei passaggi più applauditi a Firenze. Occorre quindi «una più efficace unità europea - più forte ed efficiente di quanto fin qui non siamo stati capaci di realizzare –, oggi condizione di salvaguardia e di progresso dei nostri ordinamenti di libertà, di uguaglianza, di solidarietà, di pace». Mattarella guarda oltre i confini italiani, vede le «tentazioni neo-colonialistiche e neo-imperialistiche», e richiama la scelta della Nato e il «coraggioso apostolato europeo» di Alcide De Gasperi, che era stato evocato anche dal cardinale Zuppi come padre italiano del progetto europeo.

Cita Dossetti, cita don Milani. E la Populorum progessio di Paolo VI, e la tutela minima dovuta a ogni essere umano. Il riferimento probabilmente è anche al drammatico caso di Latina, spia inaccettabile di uno sfruttamento senza scrupoli. «Vi è qualcuno che potrebbe rifiutarsi di sottoscrivere queste indicazioni? In realtà temo di sì - dice con amarezza -, ma nessuno avrebbe il coraggio di farlo apertamente». Cita monsignor Adriano Bernareggi e i suoi richiami a Maritain ancora una volta nella settimana sociale del 1945 nel porre al centro la persona umana, anticipando i valori fondanti della Costituzione.

Ma un lungo passaggio dell’intervento di Mattarella è dedicato anche al problema forse più grave della democrazia attuale, un astensionismo senza precedenti, che impone di «porre mente alla defezione/diserzione/rinuncia intervenuta da parte dei cittadini in recenti tornate elettorali». Forse c’è bisogno di una politica diversa, di un clima diverso, per riavvicinare alle urne tanti cittadini: «Occorre attenzione per evitare di commettere l’errore di confondere il parteggiare con il partecipare. Occorre, piuttosto, adoperarsi concretamente affinché ogni cittadino sia nelle condizioni di poter, appieno, prendere parte alla vita della Repubblica».
Repubblica che, rimarca Mattarella in conclusione, ha saputo percorrere molta strada, ma il compito di far sì che tutti prendano parte alla vita della sua società e delle sue istituzioni non si esaurisce mai. Ogni generazione, ogni epoca, è attesa alla prova della «alfabetizzazione, dell’inveramento della vita della democrazia. Prova, oggi, più complessa che mai, nella società tecnologica contemporanea».