Attualità

L'incontro a Roma. «Troppe guerre nel mondo, è l'ora della diplomazia»

Dorella Cianci martedì 9 aprile 2024

Un momento del confronto

“Pace e diplomazia. Il ruolo della diplomazia in tempi di guerra” è il titolo dell'incontro che si è svolto martedì pomeriggio a Roma, nella sede dell'Istituto Luigi Sturzo e che è stato introdotto da Nicola Antonetti, presidente dell'Istituto Luigi Sturzo e moderato da Loredana Teodorescu, a capo della Rete delle mediatrici del Mediterraneo. Al convegno hanno partecipato autorevoli ambasciatori italiani, preceduti dal prezioso intervento di don Bruno Bignami, direttore dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro della Cei, il quale, da teologo, ha voluto sottolineare come il tema della guerra intersechi due piani, quello geopolitico e quello etico.

«Quali sono oggi le vie di pace che ancora non conosciamo? Quali sono gli interrogativi morali, che si ripresentano in questo rinnovato tempo di guerra?», ha detto don Bruno, e, sulla base delle sollecitazioni preliminari di Antonetti, ha aggiunto: «È importante iniziare questa riflessione sulla guerra, la pace e la diplomazia avendo in mente innanzitutto il magistero di papa Francesco e quanto scritto nella Fratelli tutti, sulla base dell’enciclica di Giovanni XXIII, ma anche degli interventi all’Onu di Paolo VI e Benedetto XVI. Che cosa ci ricorda oggi Bergoglio, se non il fatto che la fede cristiana ha completamente ripudiato l’idea di una guerra santa e giusta, che, un tempo, si ritrovava nei testi dei Padri della Chiesa come Agostino e Tommaso? Nella società attuale e nel magistero della Chiesa Cattolica, oggi, si ricorda che la guerra parte dalla logica binaria io/tu, giusto/sbagliato, vincitore/vinto; invece la pace – che non sta in piedi sulla deterrenza – mette al centro la logica ternaria dell’io/tu e l’altro, partendo dal tramonto del concetto hobbesiano della scienza politica».

Don Bruno Bignami ha precisato che la guerra e il relativo sistema binario semplificano una realtà che, al contrario, è complessa e creativa, concludendo con queste parole: «Non ci si deve preparare alla guerra, come oggi dicono molti capi di Stato rifacendosi al motto latino, così come fa anche il patriarca russo Kirill, ma occorre prepararsi alla creatività della pace, poiché, come ha scritto papa Francesco nell’enciclica Fratelli tutti, la pace è laboriosa e artigianale».

A questo intervento è seguito quello dell’ambasciatore Guido Lenzi, che ha ricoperto incarichi di primo livello anche alle Nazioni Unite e all'Osce. «È importante rendersi conto – ha detto Lenzi – che un diplomatico saggio dovrebbe saper individuare le intenzioni, chiamando i vari interlocutori e mettendo in atto un duplice movimento, tanto verso l’esterno, quanto verso l’interno, cioè verso il proprio Governo di appartenenza, tentando di persuaderlo ad azioni diplomatiche. Inoltre, ad oggi, la diplomazia non deve più essere interpretata in maniera contrattuale, come fa ancora Biden in Medio Oriente, ma dovrebbe seguire un modello multilaterale e normativo, individuando regole condivise, anche se non comuni».

Alla sua voce si è aggiunto il discorso di Maurizio Melani, professore straordinario di Relazioni Internazionali e già ambasciatore in Etiopia, oltre che Direttore Generale per l’Africa dal 1999 al 2001, esperto di questioni migratorie e di Medio Oriente. «Come si ripristina la pace?», ha esordito Melani, aggiungendo: «È tramontato il concetto di guerra giusta sia da un punto di vista della Chiesa, quanto da un punto di vista laico, infatti è proprio la Costituzione italiana a ripudiare la guerra. Detto questo, però, occorre anche chiedersi quale può essere una pace giusta, che si basi sulla logica, sempre ternaria, della diplomazia, che punta a un disarmo globale bilanciato e raggiunto attraverso un dialogo, che, al momento, è molto carente».

Ha altresì precisato che ai tempi della Guerra Fredda il concetto di deterrenza è stato esercitato anche attraverso le funzioni del dialogo diplomatico, per cui, a maggior ragione, in tempi di multicentrismo, è ancora più urgente l’azione della diplomazia.

L’altra relazione è stata affidata a Laura Mirachian, già ambasciatrice in Siria ed esperta della questione balcanica. «È utile ricordare come la diplomazia richieda anche una buona dose di empatia con gli altri e una profonda consapevolezza di come la ricerca della pace non coincida con il pacifismo, nonostante questo discorso piaccia a pochi - ha detto Mirachian -. Occorre anche la consapevolezza che la ricerca della pace è una costruzione spesso basata anche sulla deterrenza, oltre che sul dialogo diplomatico. È bene anche prendere consapevolezza che oggi viviamo un’epoca tormentata e difficile, dove occorrono regole rinnovate, così come proposto anche da Guterres, il quale sta progettando il cosiddetto Vertice per il futuro, a New York. Il Segretario Guterres, infatti, studiando anche una certa genesi del fenomeno bellico, che oggi include anche la molteplicità dei cosiddetti non state actors, ha precisato come la guerra abbia sempre fatto parte della natura predatoria dell’uomo ed è da collegare, in particolare, ai fenomeni di ingiustizia sociale, di disuguaglianze come fonti primarie di conflittualità. Come si può pretendere che una parte di mondo non reagisca, quando è costretta a subire le decisioni di pochi Stati ricchi? E’ importante allora stilare una nuova agenda della pace, proprio come sottolinea di continuo l’ONU».

L’ambasciatrice, poi, facendo riferimento all’attualità, ha anche voluto evidenziare come la prima vera crisi nel cuore dell’Europa non è stato il conflitto in Ucraina, ma quanto accaduto nei Balcani. Ha anche dichiarato che, in un caso e nell’altro, l’Europa si è dimostrata terribilmente assente e inefficace.

Il convegno è continuato con due interventi finali, quello dell’ambasciatore Ferdinando Nelli Feroci, che presiede anche l’Istituto per gli Affari internazionali e quello dell’ambasciatore Riccardo Sessa, presidente della Società italiana per l’Organizzazione internazionale. In prima battuta, Nelli Feroci ha fatto alcuni riferimenti alla questione ucraina, evidenziando come ci sono, in quel conflitto, elementi diplomatici che hanno funzionato e altri che si sono rivelati decisamente carenti. Fra le principali carenze, ha ricordato quella più presa in considerazione da molti esperti del tema (ma non da lui), secondo cui l’Occidente non ha saputo interpretare, in maniera proficua, che cosa stesse preparando la Russia. L’ambasciatore ha, però, aggiunto: «Verrà un tempo di accordi, quando il conflitto sarà terminato, un tempo in cui la diplomazia sarà centrale per garantire i nuovi assetti territoriali, per assicurare una funzione di garanzia e di ricostruzione».

L’intervento finale è stato affidato all’ambasciatore Sessa, che ha esordito dicendo: «Oggi è sempre tempo di diplomazia, visti i tanti conflitti in corso nel mondo! Va anche rilevato, però, che al momento si registra una grave carenza di leadership e di governance, che aumentano le carenze della politica estera e non dei diplomatici». Nel suo intervento ha poi dichiarato come, ad oggi, il multilateralismo ha fallito, così come sono cadute alcune illusioni nate dopo il crollo del muro di Berlino. Ha concluso: «La politica mondiale, così come i diplomatici, devono rendersi conto, sempre più, del ruolo rilevante dei Brics e di come il G7, in questo tempo, conti sempre meno a livello geopolitico».