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Governo. Caso Siri, dimissioni o revoca delle deleghe? Mercoledì il giorno della verità

Vincenzo R. Spagnolo sabato 4 maggio 2019

Luigi Di Maio (Ansa)

Il prossimo Consiglio dei ministri non è stato ancora convocato, ma i componenti del governo sarebbero stati allertati per mercoledì mattina, 8 maggio.

Calendario politico alla mano, infatti, potrebbe essere mercoledì il giorno della verità sul travagliato caso delle dimissioni del sottosegretario leghista Armando Siri.

Col voto per le Europee alle porte, lo scenario peggiore per gli equilibri dell’esecutivo è quello di un muro contro muro: ossia che in Cdm – dopo l’imperioso «si dimetta» intimato giovedì scorso dal premier Giuseppe Conte e rigettato dal Carroccio – si finisca per andare alla conta, coi pentastellati decisi nel far compiere un passo indietro al sottosegretario e i leghisti però altrettanto risoluti nel fare quadrato a sua difesa.

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«Nessuno lo molla», avvertono fonti del Carroccio, assicurando che Siri resterà in carica (pur ormai privato delle deleghe dal ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli) fin quando il premier Giuseppe Conte non ne proponga la revoca. Invece, altre fonti non escludono le sue dimissioni in extremis, per scongiurare lo scontro. Ciò che tuttavia, da via Bellerio, si esclude categoricamente è una 'assenza in massa' dei ministri leghisti dal Cdm in cui si deciderà sul caso.

Dopo il Cdm, se il governo arriverà a una decisione (più o meno condivisa), l’atto dovrà comunque andare al Quirinale, per la firma del presidente della Repubblica.

Procedure a parte, sul piano politico le distanze restano. E dal Movimento, il vicepremier Luigi Di Maio si fa sentire: su Sky Tg24, dice di considerare «la questione Siri chiusa», perché «se non si dimette lui, si voterà» la revoca proposta dal premier. Conti alla mano, avverte Di Maio, «M5s ha la maggioranza assoluta in Cdm, i numeri sono dalla nostra parte. Ma spero che non si arrivi ad un voto». A chi sospetta una messinscena, Di Maio assicura che i litigi «non sono una finta», ma non crede che la malaugurata ipotesi di un voto «sarebbe la fine del governo, non credo che la Lega lo farebbe cadere... Mi meraviglio di tutto questo casino per una poltrona».

Nel merito, il capo politico del Movimento ritiene che il premier «abbia fatto una scelta di buon senso. La corruzione non ha colore politico». Per Di Maio, «c’era un’indagine che riguardava un sottosegretario che avrebbe presentato delle proposte di legge per aiutare un singolo e non un’intera categoria ». E pertanto, prosegue, «il presidente Conte ha valutato bene di metterlo in panchina, finché non si saranno delineati i fatti in maniera corretta». Il vicepremier prova comunque a lanciare messaggi distensivi al Carroccio: «Non la considero una vittoria politica del Movimento e spero che Siri possa essere giudicato innocente».

Un fiume di parole al quale però da due giorni il leader della Lega contrappone un eloquente silenzio: «Non ho tempo per le polemiche, chiedete a Conte, io lavoro », ripete da giovedì Matteo Salvini. Ma non è escluso che prima del Cdm, i due vicepremier abbiano un confronto con Conte, per concordare fra le ovattate pareti di Palazzo Chigi una soluzione che accontenti M5s evitando però di far apparire come 'soccombente' la Lega.

E Siri? Il sottosegretario indagato attende di essere interrogato dai magistrati di Roma, titolari del filone 'politico' capitolino dell’inchiesta su energia eolica e corruzione partita da Palermo: «Da giorni non rilascio alcuna dichiarazione né intervista – puntualizza su Facebook Siri –. Leggo in queste ore dichiarazioni riportate a mio nome che sono assolutamente destituite di fondamento». Poi conclude: «Non esiste alcuna polemica col mio partito che, anzi, ringrazio per tutte le manifestazioni di affetto, vicinanza e solidarietà».