Il fenomeno. Le sfide social ora sono sul cibo, rischio trappola per 243mila ragazzi
Sui social si moltiplicano tra i giovani le sfide su base alimentare, ma presentano molti rischi per la salute
Sulle sfide social – quelle che in un gergo ormai diventato immediato anche per gli adulti prendono il nome di challenge –si è parlato tanto in occasione dell’incidente di Casal Palocco dello scorso giugno. Allora si tornò a spiegare, con forza, che il rischio di perdere il filo tra il mondo virtuale e la realtà può anche uccidere, ciò che accadde al piccolo Manuel, morto stritolato tra le lamiere della smart della sua mamma dopo quell’incidente terribile.
In queste ultime ore lo spettro di un fenomeno illuminato dai media (col rischio di amplificarne la diffusione) e non ancora affrontato con l’incisività necessaria (nonostante la stretta annunciata proprio in questi giorni dall’Ue sui contenuti veicolati dagli influencer) torna però prepotentemente alla ribalta. E non solo per la vicenda delle due bambine di 12 anni che sono finite in ospedale ieri, in Sicilia, dopo aver ingerito della candeggina, che una di loro aveva addirittura portato a scuola, in una bottiglietta.
Coincidenza impossibile, secondo gli inquirenti, che hanno subito ipotizzato la possibilità che tra i più piccoli stia circolando una nuova, pericolosissima sfida veicolata proprio dai social. A tener banco ormai da giorni anche nel nostro Paese è soprattutto la moda della “Hot chip challenge”, ovvero la patatina superpiccante venduta liberamente su Internet che ha già fatto una vittima negli Stati Uniti (dove è stata ritirata dal mercato) ai primi di ottobre, un ragazzo di 14 anni morto dopo una crisi respiratoria.
I pacchetti, monoporzione ed eloquentemente a forma di bara, sono finiti in queste ore sotto la lente del Nas per volere del ministero della Salute, in seguito alla segnalazione di alcuni malori: a rendere pericoloso l’alimento sono infatti i suoi ingredienti, Carolina reaper e Trinidad scorpion, due varietà di peperoncino entrate nel Guinness dei primati come i più piccanti al mondo. Scopo della sfida, il cui hashtag conta già su 131 milioni di visualizzazioni: mangiare la patatina e resistere il più possibile senza bere acqua.
La verità, documentata dagli esperti dell’Istituto superiore di sanità in una recente ricerca condotta sugli adolescenti, è che delle 243mila challenge a cui gli studenti italiani tra gli 11 e i 17 anni hanno partecipato almeno una volta in un anno, le più diffuse sono sempre più spesso quelle legate al cibo. Intanto perché le sfide sono più facili da realizzare: il cibo si compra ovunque, liberamente, a prezzo accessibile.
«E poi le sfide che hanno il cibo come protagonista – spiega Claudia Mortali, che è prima ricercatrice del Centro nazionale dipendenze e doping dell'Iss – sembrano meno pericolose di quelle che, tanto per fare un esempio, richiedono di buttarsi da un piano alto dentro una piscina. Magari la finalità iniziale di chi ci entra è quella di far ridere, nell’idea dei ragazzini il rischio non è così grande e si pensa di poterlo tenere sotto controllo. Tutt’al più di poter avere un disagio momentaneo».
Niente di più falso. E se, nel caso della “Hot chip”, spiegarlo ai propri figli diventa di nuovo urgente, sono soprattutto le conseguenze di queste prime sfide all’apparenza innocue a dover essere prese in esame a lungo termine. La social challenge «non è una dipendenza – avverte ancora l’esperta dell’Iss –, ma un comportamento legato a un uso distorto del cellulare e dei social. È tuttavia fortemente connessa a comportamenti di dipendenza. Nel corso della nostra ricerca abbiamo visto infatti che tutti coloro che avevano dei comportamenti già problematici rispetto al tema delle dipendenze comportamentali praticavano le social challenge in misura maggiore rispetto a coetanei che non avevano questo rischio».
Per dirla in numeri: se fra gli 11-13enni, cioè i ragazzi delle scuole medie, si cimenta in sfidecirca un 7% di chi non presenta rischi di dipendenza, questa percentuale arriva fino al 20-23% fra gli studenti che questo rischio di dipendenza e ritiro sociale ce l'hanno». E ancora: rispetto al cibo c'è anche un altro problema, «usato in un certo modo – avverte Mortali – può correlarsi ai disturbi alimentari».
Quelli che, dalla pandemia in avanti, hanno fatto registrare un record di malati proprio tra i teenager: oltre un milione e mezzo. Allarmi e raccomandazioni, come al solito, rimbalzano addosso sui genitori: «Non lasciate i figli troppo soli con i loro smartphone» avvertono dall’Iss. Ma negare il cellulare e la possibilità di creare account prima di una certa età rimanda solo il rischio: servono, il più presto possibile, altre soluzioni.