Attualità

IL PAESE CHE CAMBIA. Bagnasco: «Più figli contro la crisi i consumi non bastano»

giovedì 6 ottobre 2011
All’Italia serve un «patto intergenerazionale». Senza il quale il Paese «non potrà invertire il proprio declino». In sostanza non regge l’equazione «più consumo meno figli». Quanto piuttosto quella culturalmente opposta: «meno individualismo più famiglia». È il monito lanciato ieri dal cardinale presidente della Cei, Angelo Bagnasco, durante la presentazione del Rapporto-proposta Il Cambiamento demografico, curato dal Comitato per il progetto culturale della Chiesa italiana. Un monito che riprende e amplifica quanto il presidente della Cei disse già a maggio scorso – «stiamo andando verso un lento suicidio demografico» – e che ha ripetuto anche ieri. Dunque, una notazione tanto più preoccupata, quanto più le risultanze dello studio – presentato nella sede romana dell’editore Laterza, che lo ha pubblicato (con Giuseppe Laterza a fare gli onori di casa) – la avvalorano sul piano dei dati (che Avvenire ha anticipato ieri), spingendo a una «revisione radicale delle priorità» di carattere sociale. «Non vi è dubbio – ha sottolineato, infatti, Bagnasco – che una società in cui si interrompe la catena generativa e si blocca il circuito della testimonianza tra le generazioni è una società impoverita e destinata a isterilirsi, oltre che a rivelarsi miope sotto diversi profili».L’incontro di presentazione, cui hanno preso parte il cardinale Camillo Ruini, presidente del Comitato che ha promosso la ricerca, i demografi Giancarlo Blangiardo e Antonio Golini e il giurista Francesco D’Agostino, moderati da Sergio Belardinelli, è servito a rimarcare i grandi nodi che il Rapporto rileva.Per Bagnasco, dunque, il primo nodo è di carattere culturale. «La nostra cultura – ha ricordato infatti – fa talvolta vedere i figli come un peso, un costo, una rinuncia, ma i figli sono prima di tutto una risorsa. E non solo perché nel futuro potranno prendersi cura dei genitori, ma perché già nel presente li interpellano, li sostengono, li incoraggiano». Quindi «la ragione del calo delle nascite non può essere soltanto di tipo economico. Si tratta piuttosto di una povertà culturale e morale, che ha di molto preceduto lo stato di innegabile crisi che caratterizza la congiuntura presente». La ricetta, ha ricordato il presidente della Cei, «non può essere quella che ci ha portato a un presente difficile: non è con più consumo e meno figli che risistemeremo l’economia, quanto con una revisione radicale delle priorità». Se «privarsi di nuove vite significa privarsi della novità della vita», il nemico culturale da battere è l’individualismo. Il fallimento di questa cultura, ha detto Bagnasco, «è ormai difficile da negare a chi abbia un minimo di onestà intellettuale». Occorre invece «incoraggiare nuovi modelli di solidarietà interfamiliare e intergenerazionale, facendo in modo che i genitori non si sentano abbandonati proprio dalla società che contribuiscono a tenere in vita».Sulla stessa lunghezza d’onda l’intervento del cardinale Ruini. Il quale, dopo aver auspicato che il Rapporto-proposta faccia crescere il livello di consapevolezza rispetto al problema demografico e alle sue conseguenze, ha ammonito: «Se non si inverte l’attuale trend negativo, l’Italia non sarà in grado di affrontare nessuno dei grandi problemi oggi sul tappeto». E per farlo servono da un lato «interventi pubblici che stimolino le coppie non a mettere al mondo figli che non desiderano, ma rimuovano gli ostacoli che impediscono di avere i figli che le famiglie vorrebbero»; e dall’altro «un cambiamento di quella mentalità che influisce sul calo delle nascite». In sostanza «i figli sono anche un bene pubblico, oltre che dei propri genitori». Una speranza, secondo il presidente del Comitato per il progetto culturale viene dalla «perdurante solidarietà interna e rilevanza sociale delle famiglie italiane rispetto alle situazioni prevalenti negli altri Paesi europei», e dal «desiderio di figli, che in Italia rimane alto».I numeri avvalorano queste considerazioni. «In Italia – ha ricordato il demografo Blangiardo – c’è una media di 1,4 figli per donna, ma un desiderio di maternità di 2,2 figli per donna». Dunque occorre che questo desiderio non sia frustrato da altre cause. Altrimenti, «dopo aver assistito in questi anni al sorpasso del numero dei nonni (over 65) sui nipoti (under 20), tra breve avremo quello dei bisnonni (over 80) sui pronipoti (under 10). In sostanza, come ha fatto notare Golini, «l’Italia è gravata non solo dal debito pubblico, ma anche da quello demografico, che sarà molto più difficile da saldare». Ragion per cui non c’è un attimo da perdere. «È’ necessario eliminare – ha sottolineato D’Agostino – gli ostacoli che sterilizzano la famiglia, senza che però ciò avvenga tramite interventi coercitivi dello Stato». È in gioco il futuro dell’Italia. E questo futuro passa, hanno concordato gli studiosi, dalla rivitalizzazione dell’istituto familiare.