Intervista. Delrio: «Avanti solo con una maggioranza solida»
Graziano Delrio.
Sgombriamo subito il campo, Graziano Delrio: con la maggioranza ratificata in settimana dalla fiducia in Senato a quota 156 si va avanti?
Certo che no. La crisi sanitaria andrà avanti per mesi – risponde il capogruppo dem alla Camera –, non si può pensare di affrontarla con una maggioranza così. Ci vuole una strutturazione dignitosa e seria, non ci si può appoggiare su cambi di campo dell’ultim’ora. Ma prima vorrei fare una premessa.
Quale?
La priorità deve restare la tutela del bene comune, del benessere degli italiani messo in forse dalla pandemia. Non è l’ora di vendette e di rancori, di personalismi. Non si può essere leader politici senza riuscire a guardare il Paese che soffre, tremendamente, senza ricordarsi della strage quotidiana dei nostri affetti. Ricordiamoci che chi sta facendo la storia oggi non sono i politici, ma i medici, gli infermieri e i volontari col loro impegno straordinario contro la pandemia. Come dice papa Francesco, «la solidarietà è un modo di fare la storia». Non è scontato che da questa crisi socio-sanitaria usciremo con più solidarietà: tutto dipende dalle scelte e dai comportamenti di ciascuno di noi. Nella vita quotidiana come nella politica.
Ok. Per andare avanti, però, serve comunque un governo.
Sì, serve una maggioranza molto solida. Poggiata su un progetto vero e solido, sulla scia dell’appello lanciato dal presidente Conte alle forze europeiste e riformiste di tradizione liberale, popolare e socialista. Per mettere in campo una visione strategica, non per galleggiare.
Ha senso invocare un patto con tutte le forze europeiste quando si sa che, già dentro M5s, non tutti lo sono ancora?
Abbiamo proposto noi come Pd un percorso per un patto di legislatura. Certo, si è proceduto con troppa lentezza, ma non è che per riparare il tetto della casa da cui passa la pioggia lo si scoperchia. Avviare la crisi è stato un grave errore. Ora va ricostruito un clima di fiducia e collaborazione.
Anche con i renziani?
La frattura è stata procurata da loro. La ferita ancora sanguina, da medico so che c’è ancora bisogno di tempo per rimarginarla. Io, per natura e per la mia storia culturale, non sono mai per veti definitivi.
Sta dicendo che bisogna aprire a Renzi?
I cristiani sanno che non si può pensare -per dirla con il teologo Dietrich Bonhoeffer - che la grazia sia a buon mercato: la grazia viene anche conquistata con la sequela. Tornando alla politica: non è che non siamo capaci di scorgere i fatti nuovi, come la nota dei parlamentari di Iv; ma prima ci vorranno tempo e atti che ricostruiscano fiducia. E sgombrare il campo dai narcisismi che, come ha ricordato il professor Becchetti su Avvenire, impediscono di vedere il bene comune.
Servirebbe un gesto politico anche da parte del presidente del Consiglio Conte?
Non ho suggerimenti da dare. Noi abbiamo detto nei mesi scorsi che si stavano sottovalutando le distanze che si andavano formando dentro la coalizione. Qualcuno pensava che lo dicessimo per indebolire il presidente del Consiglio, invece voleva essere solo una spinta a fare di più.
Ma quale idea si è fatto della strategia di Renzi?
Non me lo spiego con un calcolo politico. Un errore grave. Si era avviata una verifica comune, si raggiungono i risultati anche andando piano ma rimanendo insieme. La fatica della politica è la fatica del compromesso, come diceva Moro. Chi la rifiuta e si appella alla radicalità dei sentimenti non fa un buon servizio. Mettere però Renzi sempre al centro del dibattito può portare, anche nel Pd, a fare scelte sbagliate. Guardiamo e scegliamo innanzitutto il bene del Paese.
Il tempo ora stringe, però, in vista di mercoledì o giovedì, quando si tornerà a votare in Senato.
Non c’è solo la relazione del ministro Bonafede sulla giustizia, gli appuntamenti saranno tanti. Ci rivolgiamo a tutti, alle coscienze dei singoli parlamentari, inclusi certo quelli di Italia Viva che sono stati eletti nelle file del Pd. A tutti coloro che vogliono farsi carico di questa grande responsabilità.
Quale?
Il Piano di rilancio alimentato dai fondi europei è la grande occasione dei prossimi 6 anni, e anche oltre. Può essere sfruttata solo se ci sarà la capacità di fare riforme sostanziali. Dobbiamo crerare un ammortizzatore sociale unico per chi perde il lavoro, dobbiamo avviare la riforma fiscale col primo gradino dell’assegno unico ai figli e poi svilupparla, dobbiamo impostare una nuova riforma della giustizia e della Pubblica amministrazione nell’era digitale. C’è bisogno del contributo di tutti. Spero che anche all’opposizione si levino non solo le voci di quanti chiedono nuove elezioni, in uno spirito di riconciliazione nazionale.
Fino a un governo di unità?
Il Pd ha messo come paletto politico quello di un europeismo saldo. Abbiamo ritrovato finalmente l’Europa dopo averla un po’ smarrita, un’Europa che ora si sente più comunità, che agisce assieme sui vaccini, che ha deciso di fare debiti e prestiti comuni, che ha creato per l’occupazione lo strumento Sure. Io rispetto sempre le opinioni di tutti, non considero Salvini e Meloni un pericolo democratico, ma non possiamo smarrire questa via ritrovata con chi non crede nell’Ue come noi, con chi quando era al governo a parole attaccava ogni giorno Bruxelles, la Germania e la Francia.
Se per caso il governo Conte dovesse cadere, si potranno aprire nuove scenari?
Noi procediamo lealmente. Quello che succederà dopo dipenderà, nell’ordine, dal presidente della Repubblica e dalle forze del Parlamento.