Migranti. Degrado e nessuna tutela: «I Centri di rimpatrio sono da chiudere»
Una manifestazione contro i Cpr nei giorni scorsi a Milano
Fino a un anno e mezzo di detenzione senza avere commesso nessun reato, ma solo un’irregolarità amministrativa. Somministrazione massiccia e sistematica di psicofarmaci. Impossibilità di fatto per i “trattenuti” di far valere i propri diritti, dalla difesa alla salute. Sono solo le principali criticità dei Cpr, i Centri di permanenza per il rimpatrio per immigrati. Assimilabili a carceri, ma che paradossalmente garantiscono meno diritti delle carceri vere e proprie. «Non sono riformabili, vanno chiusi», dicono concordi il Tavolo Asilo e i parlamentari dei partiti d’opposizione che li hanno visitati. Anche perché molto spesso non assolvono nemmeno alla loro funzione. A radiografare gli 8 Cpr in Italia sono stati parlamentari di tutti i gruppi dell’opposizione, insieme ai rappresentanti delle organizzazioni del Tavolo Asilo e Immigrazione, coalizione di realtà laiche e cattoliche della società civile italiana con più di 40 aderenti.
Le otto strutture attive, che trattengono attualmente circa 500 persone, sono Gradisca d’Isonzo (Gorizia), Milano (Corelli), Roma (Ponte Galeria), Palazzo San Gervasio (Potenza), Bari, Restinco (Brindisi), Caltanissetta e Macomer (Nuoro). I risultati del monitoraggio sono stati presentati a Roma dai rappresentanti del Tavolo e da alcuni dei parlamentari che hanno visitato questi centri: Susanna Camusso (Pd), Matteo Orfini (Pd), Rachele Scarpa (Pd), Paolo Ciani (Demos). «È una bugia che sia obbligatorio, secondo la normativa europea, aprire centri di detenzione amministrativa» afferma Filippo Miraglia, responsabile immigrazione Arci. «Ed è inutile: in tutti questi anni i Cpr non hanno fatto aumentare il numero dei rimpatri». Miraglia definisce poi «intollerabile la “doppia pena” per gli stranieri che hanno commesso reati: scontata la pena in carcere vengono trasferiti nei Cpr per tutto il tempo della procedura di espulsione. Perché non è stata fatta durante la detenzione?». Per Gennaro Santoro di Antigone «i Cpr sono buchi neri incostituzionali. Mentre le carceri sono regolamentate da un ordinamento penitenziario e le violazioni finiscono in tribunale, per Cpr c’è solo il Testo Unico immigrazione che parla di “garantire gli standard minimi”. Sono involucri in cui si passa il tempo senza fare nulla. È impossibile e disumano».
Dice Fabrizio Coresi di ActionAid: «Abbiamo riscontrato patologie gravi non trattate e un abuso di psicofarmaci. Non c’è una persona, di quelle incontrate, che non fosse in stato confusionale o con lo sguardo perso, segni evidenti di somministrazione sistematica di psicofarmaci, assunti senza consenso informato. Gli atti di autolesionismo sono all’ordine del giorno. I tentativi di suicidio tramite impiccagione vengono derubricati a simulazione». Non quello di Ousmane Sylla, 22 anni, guineano, impiccatosi il 4 febbraio. L’ultimo dei 40 suicidatisi in questi anni nei Cpr. Susanna Camusso (Pd) racconta della «totale incertezza in cui vivono le persone nei Cpr. In mancanza di interpreti faticano a comunicare con gli avvocati, spesso d’ufficio, anche se è consentito l’uso del telefono». Secondo Matteo Orfini del Pd «i Cpr sono luoghi di detenzione senza le garanzie dei veri luoghi di detenzione. Nei Cpr è sospeso lo Stato di diritto. Ci sono persone in evidente stato di disagio psichiatrico che non dovrebbero stare lì. Il governo vuole moltiplicarli, anche in Albania, con un approccio ideologico. Non hanno idea di cosa parlano. Se tieni una persona in un Cpr per rimpatriarla ma non c’è un accordo di riammissione, non sarà mai rimpatriata». Miraglia ricorda che già nel 2007 la Commissione De Mistura istituita dal ministro dell’Interno Giuliano Amato aveva rilevato che i Centri erano costosissimi e inefficaci: «Mentre se si abbatteva il divieto di reingresso per gli stranieri irregolari, c’era molta più collaborazione per il rientro». Per Orfini dunque «l’obiettivo non è rendere i Cpr ospitali e carini, ma chiuderli. Sono luoghi non riformabili, sbagliati».