Attualità

Governo. Deficit, Renzi rassicura: «Non faremo il 3,1%»

Roberta D'Angelo venerdì 4 aprile 2014
A viso aperto, ancora una volta, Matteo Renzi si offre alle domande in tv, solle­vando i cronisti da ricostruzioni dei suoi impegni riservati. Il premier continua ad andare avanti «come un rullo compressore». È il giorno della trasformazione delle Province e il capo del governo ha modo di sventolare un’altra bandierina nello studio di La7,  ospite di  Otto e mezzo. «Oggi abbiamo detto basta a tremila politici nelle Province». Un altro punto di quel «cronoprogramma» che ha fatto la differenza in Europa quanto a cre­dibilità. I «tempi certi» hanno convinto i part­ner europei, che vedono nel rispetto dell’a­genda la premessa del rispetto degli impegni, si vanta il capo del governo. E allora, Renzi ri­corda che «la copertura degli 80 euro in busta paga sta nel Def che presenteremo martedì». Mentre il 15-16 aprile arriverà il decreto che ri­porterà i soldi nelle tasche degli italiani. Il tut­to senza sforamenti, ripete. «Non supereremo il 3 per cento del rapporto deficit/Pil. Noi non siamo nei guai». Il punto, insiste, non è sfora­re,  ma «cambiare l’Europa». Dunque il presidente del Consiglio è tornato a Palazzo Chigi dove resterà «per fortuna un me­se e mezzo», senza doversi muovere per altri impegni internazionali. Un tempo che porterà l’Italia all’appuntamento elettorale del 25 mag­gio, in cui Renzi potrà fare il primo bilancio del suo lavoro. Ma, replica a Beppe Grillo che gli ha chiesto di dimettersi in caso di sconfitta, senza alcuna intenzione di mollare in base al risultato: «E per quale motivo?». Il rullo compressore va avanti, e nell’agenda procede la revisione costituzionale in linea con la spending review. «A quelli che dicono 'Ve­diamo se ce la fa', dico con chiarezza: io vado a casa, ma secondo me vanno a casa anche lo­ro ». E allora gli accordi e i patti sarebbe meglio rispettarli. Renzi ha incontrato il plenipoten­ziario del Cavaliere sulle riforme. «Denis Ver­dini non mi ha detto che Berlusconi è preoc­cupato, ma spero che Fi resti nell’accordo e so­no convinto che voterà la riforma del Senato, del Titolo V e l’abolizione del Cnel». Nessun vertice in programma con l’ex premier, che però Renzi continua a legittimare, conside­randolo l’interlocutore principe delle sue rifor­me. E però resta il fatto che il rullo compres­sore è pronto a comprimere ogni ostacolo. Compreso quello della minoranza del suo par­tito. Il riferimento è ai 22 senatori che hanno presentato una proposta alternativa. Il con­fronto del Pd si è già svolto «nelle primarie», ri­corda Renzi. E dunque «non facciamo uno scontro», il ddl di Chiti e compagni «non ha possibilità di passare». Ma il decisionismo e la voglia di alleggerire il Paese da un bicameralismo perfetto non pos­sono essere scambiati per autoritarismo, insi­ste. Brunetta grida al golpe? «Con tutti i pro­blemi che ha il Paese, non mi posso stare a preoccupare di Brunetta...». Tanto meno di Ro­dotà, dice esplicitamente Renzi, di cui ricorda la proposta di legge di «30 anni fa», in cui «chie­deva l’abolizione del Senato». Avanti tutta, insomma. In attesa della chiusu­ra delle scuole a giugno, per investire quei 3,5  miliardi di euro nei lavori promessi. Niente per­dite di tempo e avanti con i consensi. Ma quel­li della gente, dice Renzi: «Non mi piacciono gli adulatori, preferisco quelli che dicono le cose in faccia». L’ex sindaco insiste: si lavora per il Paese, non per occupare la poltrona romana. Altrimenti si stava meglio a Firenze, scherza: «Sono ingrassato 3 chili, cambiamo discorso, al­lora è meglio tornare a parlare di Berlusconi....».