Doveva togliere Napoli dai guai, almeno per il momento. Invece il decreto per i rifiuti mette in difficoltà il governo, che ora pensa di ritirarlo. Dopo una giornata tumultuosa a Montecitorio caratterizzata da tanti strappi e nessuna cucitura, l’esame del testo in Aula slitta ad oggi (sperando che la notte porti consiglio). La motivazione ufficiale del possibile ritiro del dl è far valere (fino a dicembre) il pronunciamento del Consiglio di Stato che, due giorni fa, ha sospeso l’ordinanza del Tar del Lazio sullo stop al trasferimento automatico dei rifiuti fuori dalla Campania. Ma la spiegazione, nemmeno tanto ufficiosa, è che manca di fatto l’accordo con la Lega. Il Carroccio insomma torna a puntare i piedi e non arretra nemmeno di un passo rispetto alla decisione già espressa in Consiglio dei ministri tre settimane fa: anche in Aula il voto sul dl rifiuti sarà 'no'. Questa prima avvisaglia la si legge tra le righe del discorso a Montecitorio del leghista Renato Togni, seguito quasi contemporanea- mente dalla maggioranza che va sotto di sei voti sulla proposta di rispedire in Commissione il testo in esame. Il filo sottile a cui è legato l’equilibrio del governo si lacera ancor di più quando nel pomeriggio l’esponente del Carroccio Renato Togni lascia intendere che il partito voterà contro il decreto, né più e né meno di quello che è già successo il 30 giugno. «In Consiglio dei ministri – dice – i membri del governo della Lega hanno votato contro questo decreto legge: si presume che i gruppi parlamentari manterranno la stessa posizione» durante l’esame parlamentare. Una presa di posizione che, se confermata, per l’Italia dei Valori, lascerebbe pochi margini di manovra: a Berlusconi non resterebbe che «formalizzare la crisi e salire al Quirinale per dimettersi». Va giù duro anche il Pd che parla di auto-ostruzionismo. Secondo Pier Luigi Bersani, perciò, «è evidente lo stato di sbandamento di un governo che riesce a stare insieme solo con i voti di fiducia, perché la maggioranza non c’è più». Il caos maggioranza è ormai un fiume in piena quando, dopo il primo paletto della Lega, nemmeno il tentativo di prender tempo del relatore del provvedimento Agostino Ghiglia (Pdl) va a buon fine, pur avendo in questo caso l’appoggio del partito di Bossi. La sua proposta di rinvio del testo in commissione Ambiente, infatti, « per consentire eventualmente un ulteriore passaggio nella Conferenza Stato-regioni», viene bocciata e la maggioranza va sotto di sei voti. A convincere la Lega, difatti, non sono bastate le due riunioni del comitato dei nove e nemmeno il tentativo di trovare un punto di contatto in Transatlantico tra i capigruppo di Pdl e Lega, Fabrizio Cicchitto e Marco Reguzzoni, con il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo. Oggetto del contendere, proprio la modifica da apportare al testo dopo la decisione dell’alto tribunale amministrativo, che di fatto ha dato il via libera al trasferimento dei rifiuti fuori dalla Campania. La Lega si è da subito messa di traverso («mai i rifiuti al nord», aveva detto il Senatur già prima che arrivasse la sentenza), pretendendo che nel decreto restasse la norma in base alla quale la spazzatura campana «potrà essere accolta solo dopo il nulla osta» della regione di destinazione. Il Pdl a Montecitorio avalla il nuovo diktat, ma nel gruppo monta il malumore soprattutto dei deputati partenopei che arrivano a minacciare di votare contro il primo articolo. La tensione è palpabile e cresce fino a sera, quando, non riuscendo a trovare un accordo, si prospetta l’ipotesi di un ritiro del dl. Dopo il rinvio della discussione ad oggi (per ora non è passato alcun emendamento), è lo stesso presidente dei deputati della Lega, Marco Reguzzoni, a confermare che è un’azione «possibile», anche se non esclude l’ennesimo dietro front, dopo un nuovo vertice con la maggioranza.