Attualità

ROMA. Taglio ai compensi dei manager pubblici

martedì 6 agosto 2013
Duro braccio di ferro tra governo e maggioranza sul decreto Fare. Al termine di una maratona durata fino a mezzanotte è arrivata infine la soluzione al nodo dei compensi dei manager pubblici: tutti quelli che non rientrano già nel tetto introdotto con il Salva-Italia (circa 300mila euro, il trattamento economico del primo presidente della Cassazione) al prossimo rinnovo si vedranno sforbiciare del 25% tutti i compensi, "a qualunque titolo determinati".Il provvedimento, dopo aver ricevuto il via libera delle commissioni Affari costituzionali e Bilancio del Senato, èarrivato in Aula. In mattinata, prima del 'pasticcio' sugli emolumenti dei manager, è arrivata intanto l'annunciata cancellazione del Durt, il contestatissimo documento unico di regolarità tributaria, e nel pomeriggio è stato approvato anche il nuovo pacchetto Expo, che prevede tra le altre cose l'Iva agevolata al 10% sui biglietti di ingresso all'Esposizione Universale.Nel pomeriggio era trapelata la "forte irritazione" dell'esecutivo, dopo l'intervento dei senatori che, in commissione, per risolvere la questione delle modifiche al tetto agli stipendi dei manager avevano semplicemente soppresso le modifiche introdotte alla Camera, precludendo così il voto sull'emendamento del governo che introduceva una nuova stretta anche per i manager delle società pubbliche quotate. A Montecitorio si erano esentate dal tetto introdotto dal Salva-Italia le società pubbliche non quotate che svolgono servizi di interesse generale, anche di rilevanza economica, restringendo di fatto la sua applicazione. La linea del governo, con una proposta di modifica che non aveva trovato l'accordo delle forze politiche, era invece quello di ampliare la platea di manager cui 'sforbiciarè i compensi, prevedendo un tagliodel 25% di quelli dei manager delle società pubbliche quotate (e introducendo per le non quotate un sistema 'differenziato').Mentre si ripetevano sospensioni dei lavori delle commissioni e riunioni di maggioranza (dati toni, a quanto si apprende, molto accesi, fino alla minaccia di rimanere a lavorarci su per tutto il mese di agosto), il ministro Dario Franceschini aveva fatto sapere che il governo non aveva alcuna intenzione di rinunciare alla riduzione degli emolumenti. Il compromesso, raggiunto anche con una deroga ai regolamenti parlamentari perché l'emendamento finale è stato presentato 'eccezionalmente' dai capigruppo di maggioranza, prevede appunto per tutti i manager delle società pubbliche quotate e per quelle non quotate che emettono titoli non azionari (e loro controllate) il taglio del 25%.