Attualità

ROMA. Decreto anticrisi, sì alla fiducia

Nicola Pini sabato 25 luglio 2009
Il governo ottiene alla Came­ra la fiducia sul decreto anti­crisi. È la numero ventitré della legislatura, ottenuta con 294 sì e 186 no. La navigazione del provvedimento avanza sen­za scosse sul piano dei numeri parlamentari, ma la maggioran­za deve registrare stavolta lo scricchiolio causato dal non vo­to dell’Mpa (i deputati denun­ciano una penalizzazione del Sud e sono usciti dall’aula du­rante la votazione). Lo scontro ieri però è avvenuto soprattutto con le opposizioni. Nelle dichiarazioni di voto Pd e Udc hanno aperto il fuoco sui contenuti della « manovra d’e­state », con Casini intento a sot­tolineare la « vittoria dei ban­chieri » e Bersani a rinfacciare al governo «di far pagare le tasse ai terremotati in tenda e non agli e­vasori che hanno portato i soldi all’estero». Altro fronte polemico quello che riguarda ripetuti de­creti d’urgenza e voti di fiducia, una prassi criticata giovedì an­che dal presidente della Camera Gianfranco Fini. Ma proprio a Fi­ni si è rivolto il leader dell’Udc, accusandolo di avere disatteso il suo impegno di difendere il la­voro parlamentare. Con una bat­tuta polemica Casini si è rivolto per un «suggerimento» al nume­ro uno di Montecitorio: «Lei che è molto impegnato – ha detto – a 'fare futuro' (è il nome della sua Fondazione, ndr) speriamo che si impegni a fare presente perché il Parlamento non può es­sere espropriato». Del resto, se si voleva intervenire sul testo vara­to in commissione c’era « una procedura chiara e limpida, il Se­nato poteva cambiarlo». Casini ha sottolineato che il suo parti­to in un clima di maggior dialo­go avrebbe potuto convergere su alcuni punti del provvedimento. Poi sulla retromarcia operata dal governo in tema di banche ha messo nel mirino soprattutto la Lega: «Hanno vinto i banchieri, che evidentemente contano più del Parlamento anche in que­st’aula. Ma la Lega dove era?» ha incalzato ricordando che per il partito di Bossi le misure sulle banche erano « un’idea impor­tantissima ». La replica dello stes­so Bossi, evidentemente punto sul vivo, è arrivata nel giro di po­che manciate di minuti. «Casini abbaia alla luna, si gioca le sue carte... Noi le cose le sappiamo, noi viviamo in mezzo alle fab­briche e alle imprese». Anche Pierluigi Bersani per il Pd ha parlato di « umiliazione del Parlamento con la ventitreesima fiducia» ma il grosso del suo in­tervento è stato destinato a boc­ciare il decreto e la politica della maggioranza che «usa il gover­no per fare consenso invece che il consenso per governare». Nel provvedimento, ha detto, c’è «qualche pillola che non fa ma­le ma non basta, qualcuna tardi­va cioè una pillola del giorno do­po, e qualche pillolone indige­sto ». In quest’ultima categoria il candidato alla segreteria del Pd mette la norma che blocca la so­spensione delle tasse per i terre­motati d’Abruzzo mentre con lo scudo fiscale si vara un «condo­no fiscale che non c’è in nessun Paese al mondo». Più in generale Bersani ha accu­sato il governo di avere «edulco­rato la crisi» e di non avere avu­to «il coraggio di affrontare la si­tuazione » e trovare « soldi fre­schi » per sostenere redditi e in­vestimenti mentre «Prodi quan­do c’era da fare una manovra a­veva il coraggio di farla» Il centrodestra «ha fiducia nelle forze vitali della società» mentre il centrosinistra «passa da un ca­tastrofismo all’altro», gli ha re­plicato Giuliano Cazzola del Pdl, nel suo intervento in Aula. «Noi forse usiamo il governo per fare consenso ma voi usate l’opposi­zione per fare consenso e non ci riuscite come dimostrano i ri­sultati elettorali». Cazzola ha e­spresso apprezzamento e soli­darietà a Fini dopo le accuse di Casini e le tensioni che hanno accompagnato l’arrivo del de­creto in Aula. In merito alle mi­sure, Cazzola ha difeso lo scudo fiscale e ha sottolineato l’impor­tanza del « primo passo » com­piuto sulle pensioni. Dopo il voto di fiducia di ieri, quello finale della Camera sul de­creto anti-crisi arriverà martedì, una volta completato l’esame degli ordini del giorno. Poi il te­sto passerà al Senato. È molto probabile però che a Palazzo Ma­dama ci siano modifiche e che quindi i deputati siano chiama­ti nuovamente in Aula per la ter­za e definitiva lettura che do­vrebbe avvenire nella prima set­timana di agosto. In particolare il ministro Stefania Prestigiaco­mo insiste per una modifica del decreto nell’articolo in cui inter­viene sui poteri dell’Ambiente e conferma di avere avuto l’assi­curazione da Berlusconi che il te­sto in Senato verrà rivisto.