Lo sciopero per i rider / 2. «Più ciclabili e leggi senza timidezza»
Annamaria De Paola, lei osserva il fenomeno dei rider dal punto di vista di direttore dell’Osservatorio Bikeconomy. Cosa pensa della proposta di “Avvenire” di uno sciopero per migliorare le tutele?
Dico di sì: siamo anche noi, con un un clic in meno, che possiamo contribuire a cambiare le cose. Lo scontro con le piattaforme di consegna del cibo è ormai globale. Ma non è un videogioco, nella gigeconomy siamo tutti coinvolti e il rischio è che un boccone di sushi possa davvero rimanerci indigesto, sulla coscienza.
C’è anche un problema di sicurezza sulle strade? Assolutamente. E se si somma questo pericolo con la sempre maggiore richiesta di performance ai rider (più velocità, più consegne, più soldi, in pratica il cottimo, con tanto di classifiche di rendimento che subiscono da parte delle app), la questione – capiamoci bene – diventa ancora più complessa e urgente.
Più piste ciclabili aiuterebbero? Sì, la loro mancanza nei tessuti urbani – e, quando ci sono, tra loro non sono ben interrelate –, unita all’assenza di una nuova educazione alla mobilità stradale, fa emergere uno scenario in cui siamo coinvolti tutti.
Intende noi conducenti di auto private, mezzi pubblici, moto, bici? Sono tutti soggetti che non dialogano tra loro. I linguaggi della mobilità si sono evoluti. Ma di pari passo non si è adeguata l’infrastruttura e, soprattutto, non si sono educati i movers della strada, che è quello su cui appunto stiamo lavorando come Osservatorio. L’economia digitale viaggia in bicicletta e allora facciamo un piano nazionale di ciclabili in tutte le grandi città, con il contributo di tutti, anche delle app, visto che i loro profitti non restano in Italia. Quali proposte si sente di avanzare? Per i rider la bicicletta è uno strumento di lavoro e il datore di lavoro ha il dovere di formare e informare i lavoratori a un suo uso corretto e sicuro. Ma chi lo sta facendo? Ai rider dovrebbe essere 'imposto' dalle app, laddove ci siano, di usare le ciclabili, anche se il percorso risulta più lungo, salvaguardando la sicurezza più che la prestazione, e dovrebbe essere multata la piattaforma se questo non accade. Ho letto che l’Inps sta progettando una super-piattaforma per controllare il lavoro via app, speriamo tenga conto di questo parametro.
Il nodo principale restano però le tutele sindacali. Certo. In California, dove i rider sono circa un milione, è stato riconosciuto il legame di subordinazione, in Italia invece il recente decreto 101 non abolisce il cottimo e non mette fine alla deregolamentazione contrattuale. Auspico che si possa arrivare a un nuovo testo di legge che, senza timidezza, li regolamenti come lavoratori tout court. Si può pensare anche a un meccanismo che premi in qualche modo le piattaforme virtuose, che pure esistono, ma vengono divorate dalle grandi perché magari non ce la fanno a stare sul mercato. Quella dei rider, comunque, è una professione in crescita, e sarebbe davvero un peccato non coglierne le opportunità.
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