La ministra. De Micheli: trasporti non si fermano. Danni all'economia come una guerra
La ministra per le Infrastrutture e i Trasporti, Paola De Micheli
Per colpa di Covid-19 la “sua” Piacenza soffre come mai negli ultimi 50 anni. «Sono coinvolti amici, persone care…» dice Paola De Micheli in un attimo di tregua tra le “call” con imprese e sindacati e quelle con il Tesoro. La sofferenza è anche personale e fa male. Ma il paradosso è che non ci si può fermare a pensare troppo. Perché sul dicastero dei Trasporti pende, negli ultimi giorni, la domanda più opprimente: si arriverà allo stadio ultimo della serrata, al blocco totale della mobilità? La risposta della ministra dem, espressione nel governo giallorosso della generazione-Letta, è ferma: «No, non chiuderemo i trasporti in Italia. Ho firmato i decreti che autorizzano la riduzione del traffico riguardante aeroporti, trasporto ferroviario e di linea su gomma interregionale. Ma non si arriverà a fermare tutto».
Perché, ministro, è così netta sul punto?
Mi deve consentire un ragionamento che va oltre la singola decisione. Sin dall’inizio di questa emergenza, noi come governo ci siamo mossi su due binari: prima vengono le persone, prima viene la vita umana, prima viene non far morire i nostri concittadini, qualsiasi sia il costo economico successivo; in contemporanea, ci siamo interrogati su come adottare ogni singola misura restrittiva garantendo la tenuta democratica del Paese. Altri Paesi Ue stanno guardando alle nostre scelte, perché siamo la prima grande democrazia occidentale colpita da Covid-19. Tra pochi giorni altri arriveranno al nostro stesso incrocio: vita umana, democrazia, economia. Noi speriamo e crediamo che tutta l’Europa seguirà la nostra strada. Se accadrà, ripartiremo tutti più forti, avendo preservato le persone e la democrazia, con una Costituzione che non esce ferita, e con una base morale più solida. Avremo allora il necessario anche per far ripartire l’economia. E anche se ora questo è secondario, questa linea politica riceverà e sta già ricevendo l’apprezzamento dei cittadini. E le dico a riguardo, a proposito di idee di altri governi di emergenza nazionale, che questa linea di governo ha rafforzato la coesione e l’unità dell’esecutivo.
Sta dicendo che chiudere i trasporti significa anche sospendere la democrazia?
La metto in positivo. Garantire i trasporti significa garantire l’uguaglianza tra i cittadini e un loro diritto fondamentale. I tre criteri che abbiamo fissato per uscire di casa - spese alimentari, salute, lavoro - vanno sostenuti anche attraverso il funzionamento dei trasporti pubblici e privati, grazie ai quali il motore del Paese non si fermerà e gli scaffali di farmacie e alimentari saranno riforniti. È questione di civiltà e, ripeto, di democrazia. Ci sarà un logico ridimensionamento dell’offerta, ma non la serrata. E a ore firmerò le linee guida perché i lavoratori dei trasporti, uomini e donne cui va la mia più assoluta gratitudine, lavorino in condizioni di sicurezza. La vigilanza sarà rigorosa.
Il centrodestra, Salvini in testa, chiede però misure più rigorose.
Non voglio fare polemica in questo momento. Ma ormai gli italiani stanno vedendo che il governo ha tracciato una strada: prima la persona, prima l’individuo come dice l’articolo 32 della Costituzione, mentre lui cambia il messaggio comunicativo a seconda del momento. Di fronte a Covid-19 questo modo è perdente.
Tornando al merito dei problemi, la forte tensione etica che lei chiede non si riscontra in diversi partner Ue, che chiudono le frontiere…
Chiariamo: le frontiere dell’Italia con i Paesi confinanti sono aperte. C’è stato un problema al Brennero ma l’abbiamo superato. Con Francia, Germania e Austria stiamo lavorando strettamente coordinati. Ora è nato un problema con Slovenia, Croazia e Serbia: lo risolveremo. Le merci devono continuare a circolare, le persone possono continuare a circolare rispettando quei criteri che il governo italiano ha adottato e che sono adeguati anche a livello comunitario: ci si muove per lavoro, salute e approvigionamento alimentare. Sarebbe assurdo che l’Ue facesse cadere Schengen per Covid-19.
L’economia dopo il contrasto al contagio, quindi. Il conto sarà salato.
Avremo danni pari a quelli di un conflitto bellico. E serviranno più di 25 miliardi, che sono quanto stanziato per la prima fase dell’emergenza. Da questo punto di vista oggi l’Europa ha dato un segnale importante. Sarà questo il banco di prova dell’unità europea.
Il decreto “antivirus” non conterrà però quelle misure per il rilancio generale…
Il dl-crescita arriverà tra qualche giorno. Ora dobbiamo mettere velocemente in sicurezza le persone, le famiglie e i redditi. Il Mit ha chiesto l’incremento del fondo volo per la cassa integrazione del comparto, ad esempio.
La discussione sui cantieri, sulle infrastrutture, sul modello-Genova per tutte le opere è quindi congelata?
Stiamo discutendo e approfondendo. È una priorità. Ascolto tutti tenendo però fermi due principi. Primo: nessuno, per fare in fretta, può sacrificare la sicurezza dei lavoratori. Secondo: accelerare non significa allargare le maglie contro la criminalità organizzata.