«Sono serena, si dovranno ricredere. E alla fine qualcuno dovrebbe pagare per tutto questo fango». È il giorno di Nunzia De Girolamo. Il ministro delle Politiche Agricole si dice «molto stanca» ma conferma «grandissima fiducia nella magistratura». Sono le sue riflessioni riservate, mentre lima il discorso che oggi farà alla Camera sul caso dell’Asl di Benevento che la vede coinvolta: «Dirò in Parlamento tutto ciò che ho da riferire», promette il ministro, mentre i suoi legali puntano sulla teoria del complotto. Intanto, da Palazzo Chigi filtra che Enrico Letta - che ha sentito la De Girolamo, senza però incontrarla - intende ascoltare con attenzione il ministro e valutare la relazione con lo stesso rigore che chiede a sé stesso e a tutti. Sulla vicenda si affollano però nuove complicazioni. Scelta Civica si divide ma parte la richiesta di dimissioni del segretario Stefania Giannini: «Quando un ministro crea imbarazzo al governo di cui fa parte dovrebbe valutare l’opportunità di dimettersi». La De Girolamo minimizza: «Il capogruppo alla Camera, Andrea Romano ha detto cose differenti rispetto alla signora Giannini. La sua è una posizione personale». Ma il portavoce dei montiani Benedetto della Vedova rincara al dose: «Ascolteremo, ma se la posizione del ministro fosse motivo di imbarazzo per il governo, il nostro auspicio è che possa valutare le dimissioni come atto doveroso». La direzione Pd non affonda il bisturi sul caso (solo Pippo Civati parla di «motivo di imbarazzo»), ma al mattino il parlamentare renziano Angelo Rughetti era stato netto: «Ascolteremo le sue ragioni. Se non ci convincerà siamo pronti a votare la mozione del M5S per le dimissioni». Parole che ricalcano quelle di Matteo Renzi: si sentiranno le ragioni del ministro, ma «la Idem ha avuto ben altro stile», aveva detto. Tace invece Francesco Boccia, marito del ministro, deputato Pd.A difenderla compatto a spada tratta resta il suo partito, il Nuovo centrodestra: «Bisogna avere una cultura garantista a 360 gradi. In politica dobbiamo difendere De Girolamo come Faraone - dirigente renziano inquisito in Sicilia,
ndr - perché non si può fare una differenza tra un caso e l’altro», dice Gaetano Quagliariello. Ma anche Forza Italia insiste sulla teoria del complotto. «Tesi ridicola» per Clemente Mastella, chiamato in causa.