Il progetto anti-omofobia. Ddl Zan, slitta l'approdo in Aula
Fumata nera nell’ufficio di presidenza della commissione Giustizia del Senato sul ddl Zan. Le forze politiche prendono atto, all’unanimità (al termine di una discussione molto accesa) che non ci sono ancora le condizioni per portare in Aula il testo approvato dalla Camera (proposto dal deputato del Pd Alessandro Zan) che condanna l’omotransfobia, ma anche la misoginia e l’abilismo, ossia la discriminazione nei confronti delle persone con disabilità. È prevalsa la necessità, condivisa alla fine da tutti, di esaminare preventivamente altre quattro proposte che toccano la stessa normativa.
«Le regole esistono e il mio ruolo è applicarle. Le richieste di calendarizzazione del ddl Zan non potevano tecnicamente essere accolte», spiega il presidente Andrea Ostellari, della Lega. «Quel ddl era stato assegnato alla commissione nel novembre scorso. Sin da allora - ricorda Ostellari - era stata evidenziata la necessità di valutare la connessione del testo con gli altri che trattano il medesimo argomento, peraltro tutti preesistenti». Si tratta del ddl 1176, prima firmataria Maiorino, del M5s; il 1430, primo firmataria Unterberger, delle Autonomie; il 1613, prima firmataria Evangelista, del M5s; e il 59, su iniziativa di Monica Cirinnà, del Pd. Due di questi testi (Cirinnà e Maiorino) incidono strettamente sul contrasto all’omofobia, mentre gli altri due si occupano più in generale delle discriminazioni per motivi di odio. «Come previsto dall’articolo 51 del regolamento del Senato - spiega ancora Ostellari -, ho provveduto a richiedere la riassegnazione dei testi alla Presidente Casellati. Non mi stupisce che i capigruppo, preso atto di ciò, abbiano sostenuto unanimemente questa scelta».
Ora, quindi, sarà la presidenza del Senato a occuparsi dei tempi, di fonte alle spinte della politica che restano diversissime. Con l’intervento che si preannuncia anche da parte di influencer di peso, come il cantante Fedez, che ha fatto della difesa del ddl Zan una sua battaglia. «Ostellari ha esaurito tutti gli alibi», è il commento di Alessandro Zan. «Noi vogliamo arrivare all’obiettivo e per farlo serve serenità», provano a stemperare dal Pd, ma senza indietreggiare: «Speriamo non ci siano più scuse. Serve un passaggio con la presidente Casellati, ci auguriamo che l’ufficio di presidenza possa calendarizzare il ddl Zan la settimana prossima, spinge Franco Mirabelli, esponente dei dem in commissione Giustizia. «La melina deve finire subito», gli fanno eco i pentastellati, pur offrendo «solidarietà« a Ostellari per gli attacchi subiti. Ma «la questione regolamentare - sostengono - poteva essere risolta già a partire da gennaio». «Faremo tutto il necessario per tutelare la libertà di espressione, di educazione e la libertà di manifestare la propria fede», promette Simone Pillon, della Lega. In commissione per Forza Italia si fa sentire Giacomo Caliendo, che invita a non far cadere nel vuoto questa opportunità: «Occorre tempo, approfondire con nuove audizioni tutti gli aspetti controversi. Se si arrivasse a riproporre il testo della Camera - avverte - lo scontro sarebbe inevitabile». Interviene anche Matteo Salvini: «Io difendo il diritto di un bimbo ad avere una mamma e un papà, e ritengo una barbarie l’utero in affitto», dice il leader della Lega alludendo al rischio di introdurre un reato di opinione, ribadendo che «ogni tipo di discriminazione o di violenza, nei confronti di chiunque, va sempre punita e combattuta, come già la legge giustamente prevede ». Ma per il senatore Stefano Ceccanti del Pd, «non sono punite dal testo approvato generiche opinioni, più o meno discutibili o spiacevoli».