Attualità

ACQUE FATALI. Dall’inizio dell’anno 157 morti annegati

Paolo Ferrario martedì 2 agosto 2011
Imperizia, sottovalutazione del pericolo e malore improvviso. Sono queste le principali cause di annegamento in Italia, dove, secondo una ricerca dell’Istituto superiore di sanità, dall’inizio dell’anno sono già morte 157 persone. Per il 46% dei casi il decesso è avvenuto in mare, nel 20% nei fiumi, seguono i laghi e i canali, rispettivamente con il 15 e l’11% degli incidenti letali.«Considerando l’estensione delle coste italiane e il grande numero di turisti che frequentano le località marittime – spiega Marco Giustini, curatore dello studio – l’elevato numero di decessi avvenuti in mare non rappresenta una sorpresa, tant’è che i tre quarti di questi eventi si è verificato negli ultimi tre mesi, quelli a più elevata densità turistica. Semmai è la quantità di annegamenti nei fiumi e nei laghi a costituire una sorpresa, se si tiene conto del numero certamente esiguo di fruitori».Ogni anno, in Italia, si contano circa 800 casi di annegamento. Per quasi la metà di questi, l’evento si conclude con la morte della persona coinvolta (nel 2007 i decessi sono stati 387), mentre nel 55% il malcapitato viene ricoverato in ospedale. In questo caso si parla di semi-annegamento o quasi-annegamento. Benché nel giro di trent’anni si sia passati da 1.200-1.300 morti all’anno a meno di 400, con una diminuzione quindi del 70%, in Italia la mortalità resta ancora molto alta. Negli Stati Uniti, infatti, soltanto un caso di annegamento su 8 ha esito mortale, mentre da noi su 8 casi, almeno 4 terminano con la morte del soggetto coinvolto.«È evidente – sottolinea Giustini – l’importanza del ruolo del personale di salvataggio. Negli Stati Uniti i soccorsi sono più capillari e tempestivi. È, infatti, altamente improbabile che incidenti mortali si verifichino in acque sorvegliate dai bagnini. La sorveglianza da parte di personale specializzato ha vantaggi chiaramente individuabili ed eviterebbe salvataggi improvvisati da parte di persone non in grado di effettuarli, che a volte, come spesso riportato anche dalla stampa, si concludono con esiti fatali anche per gli stessi soccorritori».In Italia, sempre stando all’analisi dell’Iss sugli annegamenti, assistiamo anche a una situazione davvero paradossale: si conosce esattamente il numero di casi, ma non si è in grado di dare informazioni utili ai fini della prevenzione. Dai dati delle statistiche ufficiali – dicono all’Iss – non è di fatto possibile separare gli incidenti in acqua in funzione della dinamica e del corpo idrico nel quale sono avvenuti.Per colmare questa lacuna conoscitiva l’Istituto ha avviato un monitoraggio sistematico degli organi di stampa (quotidiani e agenzie in particolare) ove in genere gli annegamenti vengono menzionati e descritti nei particolari. Certamente si tratta di una base di dati non canonica ed eterogenea – riconoscono gli studiosi di viale Regina Elena – tuttavia di grande interesse, proprio ai fini dell’integrazione delle informazioni desumibili dalle basi di dati correnti. «L’utilizzo delle informazioni della stampa – conferma Marco Giustini – è di particolare interesse proprio in un ambito, come quello degli annegamenti, ove per il forte impatto emotivo è alta la probabilità che l’evento venga riportato sui quotidiani o nelle agenzie. Oltretutto, conoscendo il numero atteso di eventi, è possibile dare una stima della copertura ottenibile con questa procedura».Proprio l’analisi delle informazioni riportate dai quotidiani ha permesso ai ricercatori dell’Iss di caratterizzare gli annegamenti in base alla causa specifica, che nella maggior parte dei casi è da attribuire a imperizia (25%) e a malore (22%).«Per tutte queste cause – conclude Giustini – è certamente possibile individuare alcuni interventi atti a migliorare la situazione. Noi riteniamo che rendere noti questi dati possa essere utile per aumentare la consapevolezza dei pericoli. La mancata sorveglianza dei bambini merita, poi, un’attenzione particolare. Ovviamente la necessità di una sorveglianza adeguata da parte dei familiari è fuori discussione. Tuttavia, al di là di specifiche situazioni, quali ad esempio le piscine private, si ripropone il problema della sorveglianza da parte di personale appositamente addestrato».