Dalle periferie del mondo al Covid. Le vite donate dei missionari anziani
La sede milanese del Pime
Accomunati alla sorte di tanti fratelli nel mondo anche nel pianto delle vittime della pandemia. È con questo spirito che i missionari del Pime stanno vivendo in questi giorni l’esperienza del Covid-19 che – come già avvenuto ad altre famiglie religiose – sta colpendo in maniera molto dura i confratelli più anziani.
Sono infatti ben otto i padri che l’istituto si è trovato a piangere in questo primissimo scorcio del 2021: sette a Rancio di Lecco – nella casa che ospita i missionari anziani e malati, dove negli ultimi giorni di dicembre si è purtroppo manifestato il contagio – e un altro a Catania.
Nella quasi totalità dei casi il coronavirus è andato a infierire su persone di novant’anni, rese fragili da altre patologie. Ponendo fine a vite già donate su tante frontiere del mondo: con padre Innocente Bentoglio e padre Mario Meda, per esempio, se ne sono andati gli ultimi due missionari rimasti tra quelli che nel 1966 subirono la dura prova dell’esilio dalla Birmania, imposto dal regime socialista locale. I padri Bruno Mascarin, Severino Crimella, Sandro Schiattarella e Lino Zamperoni – che hanno svolto il loro ministero in Brasile – si sono ritrovati vicini anche nella morte per Covid-19 a tante persone del Paese che hanno servito. Il siciliano padre Giuseppe Filandia, che raccontava di aver sognato da giovane di fare il marinaio, il suo impegno per annunciare il Vangelo l’aveva vissuto anche nelle sperdute Isole Trobriand, in Oceania; mentre padre Alfredo Di Landa aveva formato generazioni di altri missionari nel seminario di Ducenta, in provincia di Caserta.
«Nonostante tante attenzioni adottate in questi mesi presso la nostra Casa dei missionari anziani, anche noi missionari del Pime adesso stiamo condividendo la sofferenza e la sorte di tante persone colpite in una maniera rapida e imprevista dal Covid-19», si legge in una nota che la Direzione generale del Pime ha inviato a tutti i missionari e agli amici dell’istituto, per leggere con uno sguardo di fede quanto sta avvenendo. Nel testo il Pime ringrazia la comunità di Rancio di Lecco «che sta portando con molta generosità e molto spirito di famiglia il peso di questa situazione» e tutto il personale che lavora per la casa.
«Questi – scrive ancora la Direzione generale dell’istituto – sono i momenti in cui siamo chiamati ad esercitare ogni giorno pazienza e infondere speranza, avendo cura di non seminare panico ma corresponsabilità. Quando preghiamo, quando celebriamo la Messa, ci sentiamo chiamati a vivere questo momento di grave prova in comunione, rafforzando il senso di fraternità all’interno della nostra famiglia di apostoli e con tutta l’umanità sofferente».
Affidandosi in maniera particolare al proprio fondatore monsignor Angelo Ramazzotti – che da vescovo di Pavia nel 1854 si prodigò instancabilmente per la cura degli ammalati durante un’epidemia di colera – il Pime invita tutti ad allargare il cuore nella preghiera: «Continuiamo a chiedere al Padre – conclude la nota – di benedire chi si prende cura con generosità degli ammalati, di donare pace eterna a chi ci ha lasciato, di asciugare le lacrime di chi si trova nel dolore e di insegnare al nostro cuore a compiere anche in quest’ora la volontà del Padre».