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Roma. Dal Def 3 miliardi al taglio del cuneo. Addio quota 41, risorse per la natalità

Nicola Pini mercoledì 12 aprile 2023

Nel Documento di economia e finanza spunta un tesoretto che sarà speso a breve per ridurre le tasse alle fasce medio-basse. La premier in Cdm: nella prossima manovra misure adeguate per le nascite. Si cercano 1,5 miliardi Roma Tre miliardi di euro per ridurre i contributi in busta paga già nel corso del 2023. È questa la novità emersa ieri con l’approvazione del Def in Consiglio dei ministri. Il Documento di economia e finanza, che fissa le grandi direttrici della politica economica per i prossimi anni, prevede per quest’anno una crescita del Pil di un punto percentuale, in accelerazione rispetto allo 0,6% fissato a novembre.

Mentre per il 2024 la stima, al contrario, scende all’1.5% dall’1,9 indicato nella Nadef. Ed è proprio l’andamento dell’economia 2023 migliore delle attese (benché in netto rallentamento dal + 3,7% del 2022) a lasciare qualche margine per intervenire nel breve periodo. «A fronte di una stima di deficit tendenziale per l’anno in corso pari al 4,35% del Pil, il mantenimento dell'obiettivo di deficit esistente (4,5%) permetterà di introdurre un taglio dei contributi sociali a carico dei lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi di oltre 3 miliardi a valere sull’anno in corso», ha annunciato il ministero dell’Economia Giancarlo Giorgetti.

L’intervento «sosterrà il potere d’acquisto delle famiglie» e allo stesso tempo «contribuirà alla moderazione della crescita salariale». A fronte di un’inflazione programmata che lo stesso Def indica quest’anno al 5,4% (ben tre punti sopra le previsioni di un anno fa), l’esecutivo ha deciso di riversare lo scarto positivo sul deficit tutto a sostegno dei redditi di lavoratori. Un segnale anche a fronte della mobilitazione indetta dai sindacati mentre gli ultimi dati hanno evidenziato la secca perdita del potere d’acquisto delle famiglie. Per la manovra di fine anno sul 2024, i margini di intervento sembrano invece assottigliarsi, anche a causa dell’aumento dei tassi di interesse. Lo spazio di manovra aperto dalle stime del Def è pari a circa 4 miliardi, lo 0,2% del Pil: perché le proiezioni fissano i il deficit tendenziale al 3,5%, mentre l’obiettivo programmatico del governo resta al 3,7%. Uno spazio di bilancio che «sarà destinato al Fondo per la riduzione della pressione fiscale, al finanziamento delle cosiddette “politiche invariate” a partire dal 2024 e alla continuazione del taglio della pressione fiscale nel 20252026», afferma il governo. Un’altra priorità di intervento l’ha comunque indicata in Cdm Giorgia Meloni: «Dalla prossima legge di bilancio bisogna porsi con concretezza il problema del calo demografico e delle nuove nascite, con misure adeguate», ha affermato la premier.

Nei giorni scorsi nel governo si era parlato delle necessità di trovare 1,5 miliardi per rafforzare l’assegno unico per i figli. Mentre per la riforma delle pensioni il piatto piange, come ha ammesso il capogruppo delle Lega alla Camere Riccardo Molinari: «Con pochi miliardi quota 41 non si fa, questo è chiaro». Per ora l’esigenza del governo è soprattutto quella di disegnare una traiettoria credibile di miglioramento dei conti pubblici per Bruxelles (dove si stanno negoziando le nuove regole del post pandemia) e per i mercati finanziari. Gli obiettivi programmatici contenuti nel Def prevedono un deficit che dal 3,7% del 2024 scenderà al 3 nel 2025 e al 2,5 nel 2026.

Anche il debito dal 144,4% di quest'anno dovrà calare fino al 140,4% nel 2026. In questo quadro la riduzione della pressione fiscale non potrà essere che lenta: dovrebbe passare dal 43,3% nel 2023 al 42,7% entro il 2026. «Il governo ha tracciato la politica economica per i prossimi anni, una linea fatta di stabilità, credibilità e crescita. Rivediamo al rialzo con responsabilità le stime del Pil e proseguiamo il percorso di riduzione del debito pubblico», ha dichiarato la stessa Meloni al termine del Cdm. Anche il ministro Giorgetti conferma la linea della «prudenza» in un «quadro economico-finanziario che rimane incerto e rischioso a causa della guerra in Ucraina, di tensioni geopolitiche elevate, del rialzo dei tassi di interesse».

E anche se «l’economia italiana continua a mostrare una notevole dose di resilienza e vitalità» in prospettiva la spinta esercitata dal Pnrr sarà meno forte delle previsioni, ammette il Mef: «Per rendere il nostro Paese più dinamico, innovativo e inclusivo non basta soltanto il Pnrr, è necessario, infatti, investire anche per rafforzare la capacità produttiva nazionale e lavorare su un orizzonte temporale più esteso di quello del Piano, un tema che deve essere affrontato non solo in Italia, ma anche in Europa».