Coronavirus. "Effetti collaterali" del contagio: in Cina la "quarantena" dei dissidenti
Non bastassero i contagiati, bisogna fare conti con i “desaparecidos” del Coronavirus. La pandemia è anche una sfida per i diritti umani. Alcuni Paesi, a cominciare dalla Cina, ne hanno approfittato per regolare i conti con la dissidenza. Altrove è una corsa contro il tempo per scongiurare lo scenario peggiore: l’epidemia tra i più poveri e fragili del pianeta: dal gigantesco campo profughi di Dadaab in Kenya agli insediamenti dei Rohingya tra Myanmar e Bangladesh, dalle isole greche alla rotta balcanica.
L’Unhcr-Acnur ha chiesto uno stanziamento supplementare di 33 milioni di dollari per affrontare l’emergenza e accrescere “le attività di preparazione e prevenzione, per rispondere alle esigenze immediate di salute pubblica dei rifugiati”, spiega una nota dell’agenzia Onu. “Ad oggi e sulla base delle prove disponibili, non ci sono state segnalazioni di infezioni Covid-19 tra rifugiati e richiedenti asilo. Tuttavia il virus può colpire chiunque ed è nostra responsabilità collettiva garantire che la risposta globale includa tutte le persone”, ha affermato Filippo Grandi, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati. “Consentire l'accesso completo ai servizi sanitari, anche per i membri più emarginati della comunità è il modo migliore per proteggerci tutti. Tutti - ha insistito Grandi - su questo pianeta, compresi rifugiati, richiedenti asilo e sfollati interni, dovrebbero poter accedere alle strutture e ai servizi sanitari”.
E’ una sfida senza precedenti. Più di 70 milioni di persone in tutto il mondo sono state costrette da persecuzioni, conflitti, violenze e violazioni dei diritti umani a fuggire dalle loro case. “Di questi, oltre 20 milioni sono rifugiati, di cui l'84% - sottolinea l’Unhcr-Acnur - è ospitato da nazioni a basso o medio reddito che hanno sistemi sanitari e idrici e sanitari più deboli”.
Ad oggi oltre 100 paesi stanno segnalando la trasmissione locale di Covid-19. Di questi, 34 ospitano popolazioni di rifugiati che superano le 20mila persone persone, e che attualmente non sono interessate dal virus. Poiché i rifugiati e gli sfollati interni spesso si trovano in luoghi sovraffollati o in cui la salute pubblica e gli altri servizi di base sono poveri e sovraccarichi, è stato consigliato a tutte le agenzie Onu “di mettere in atto piani e meccanismi di emergenza in collaborazione con governi e partner”, si legge in una nota operativa.
Tra le vittime e le potenziali vittime della pandemia vi sono "persone a basso reddito, popolazioni rurali isolate”, oltre disabili e anziani “che vivono da soli in istituti”, osserva Michelle Bachelet, l’ex premier cilena ora a capo dell’Alto commissariato per i diritti umani. Le misure intraprese, anche le più restrittive, “dovrebbero sempre essere condotte - auspica Bachelet - in stretta conformità con le norme sui diritti umani e in modo necessario e proporzionato al rischio valutato”.
Non è il caso della Cina, i cui successi nel contenimento del contagio stanno facendo trascura uno dei peggiori effetti collaterali delle politiche per contrastare il Coronavirus.
Sharon Hom, direttore esecutivo di China Human Rights, ong con quartier generale a New York, afferma che l'accesso alle informazioni, insieme alle restrizioni sul contenuto e alla diffusione delle informazioni, rimangono gli strumenti chiave del controllo sociale nel Paese che per primo è stato colpito dal Coronavirus. Un recente studio del gruppo canadese di ricerca informatica Citizen Lab, citato da al Jazeera, ha documentato come siano state intensificate le azioni repressive del governo di Xi Jinping. L’applicazione di messaggistica cinese WeChat e l'app di streaming video YY hanno bloccato alcune combinazioni di parole chiave che includono critiche al presidente relativamente alla gestione dell’emergenza Coronavirus.
Dall'inizio dell'epidemia China Human Rights ha monitorato una serie di casi in cui cittadini che hanno pubblicato sui social network opinioni critiche sulle "risposte inadeguate" delle autorità, sembrano del tutto scomparsi. Il caso più noto è quello di Chen Qiushi, avvocato cinese per i diritti civili che aveva sostenuto la protesta della popolazione di Hong Kong contro Pechino. Il 7 febbraio è stato portato via dalla sua abitazione per essere posto in quarantena. Il provvedimento era stato annunciato per una durata di 24 giorni. Ben oltre un mese dopo, dell’avvocato non si ha alcuna notizia. Così come pare svanito Fang Bin, giornalista inviso al regime, così come Li Zihua, ex giornalista della rete pubblica “Cctv7”, è scomparso il 26 febbraio quando un gruppo di uomini non identificati lo ha portato via dalla sua abitazione.