Il tema. Da Fedez al Papa, l'appello a donare il sangue. I ragazzi devono rispondere
Un mese fa era stato Fedez a ringraziare i donatori di sangue dopo le sue dimissioni dall'ospedale: «Senza di loro non sarei qui». Un breve video postato sui social che nello spazio di 48 ore aveva fatto impennare il numero di donatori negli ospedali milanesi e le telefonate ai centralini dell'Avis: questa domenica lo stesso Fedez sarà in piazza Duomo, a Milano, insieme ai volontari per un'iniziaitva. Oggi sull'importanza del gesto è tornato a insistere anche Papa Francesco nel corso dell'Udienza in San Pietro: «Sottolineo il valore etico della donazione del sangue - ha detto rivolgendosi proprio ai volontari del sangue presenti in piazza -: è un gesto che aiuta a salvare tante vite umane!». Oltre 1.800 al giorno secondo i conti fatti in occasione dell'ultima Giornata mondiale, celebrata il 14 giugno scorso.
Di appelli e di testimonial incisivi che li facciano ( in ambiti e per ragioni differenti) c'è più che mai bisogno. Soprattutto tra i giovani, che stando ai dati sono i meno sensibili alle campagne. In Italia solo il 2,7% della popolazione che ne ha i requisiti dona il proprio sangue e i donatori tra i 18 e i 45 anni in dieci anni sono passati da 1.089.510 (63% del totale) a 866.112 (52%), con una diminuzione del 24% tra quelli nuovi. Meno sangue, dunque, nonostante ogni 11 secondi un paziente nel nostro Paese abbia bisogno di una trasfusione e ogni anno se ne effettuino circa 3 milioni: per salvare un ferito che perde sangue in seguito a un incidente grave, tanto per fare un esempio, ci vogliono 10 sacche di sangue, 40 per un trapianto di fegato, mentre un talassemico può avere bisogno anche di 50 sacche all’anno.
È in particolare tra gli adolescenti che i dati sono poco incoraggianti: un’indagine commissionata dall'Avis al Laboratorio Adolescenza ed effettuata su un campione di 5.600 ragazzi ha rilevato che solo il 38% sarebbe intenzionato a donare al compimento della maggiore età. Un dato in flessione di ben 10 punti percentuali rispetto alla precedente rilevazione, effettuata solo due anni fa.
Alla radice della renitenza ci sono alcune paure (come quella per l’ago, la vista del sangue oppure il timore di svenire durante o dopo il prelievo), alcune abitudini incompatibili con la donazione che sono più frequenti tra i ragazzi (per esempio l'aver fatto tatuaggi e piercing), più spesso la scarsa informazione su come e quando sia effettivamente possibile donare (molti ragazzi, cioè, si autoescludono convinti a priori di non essere idonei), spesso raccolta attraverso i social network. Ragione per cui l'Avis negli ultimi anni ha deciso di sbarcare con forza in rete, con campagne e messaggi pensati appositamente per le piattaforme che dai giovani sono più frequentate. Il ricambio generazionale d'altronde è essenziale a mantenere l'autosufficienza del sistema sangue anche nei prossimi anni: ciò che per quanto riguarda il sangue intero (cioè la raccolta di globuli rossi) l'Italia raggiunge, ma purtroppo non in materia di plasma, con il conseguente ricorso al mercato internazionale per i farmaci plasmaderivati. Anche se - il dato è incoraggiante - le donazioni sono tornate ad aumentare dopo il Covid.