Sant'Egidio. La veglia di preghiera per i 61mila morti nelle rotte verso l'Europa
Un fiore su ogni sedia di Santa Maria in Trastevere. I bimbi con le mamme in chador. Alcuni ragazzi con i segni addosso delle guerre nei loro Paesi. Le foto di chi non ce l’ha fatta, è stato ingoiato dal Mediterraneo o non ha retto al viaggio via terra. Perché «si può morire di speranza, nel mondo vecchio che abitiamo, perché non tutti sono liberi di andare dove desiderano, né di vivere come desiderano», dice il cardinale Michael Czerny, nella sua omelia durante la veglia di ieri sera. Perché – continua – «i sogni di alcuni, il loro stesso impegno, la loro lotta per una vita dignitosa, sono negati da altri».
Perciò «ricordiamo i nomi di coloro che, anche quest’anno, nel Mediterraneo sono morti di speranza, cioè a causa della propria speranza. Il “mondo vecchio” è quello in cui si alimentano le di- seguaglianze, i conflitti e l’indifferenza». Veglia «per ricordare i 61mila migranti morti dal 1990 a oggi» e in particolare «i 3.200 profughi che dal gennaio 2021 hanno perso la vita alla ricerca di un futuro migliore» e anche in particolare i «323 bambini morti in Ucraina dall’inizio della guerra».
Veglia presieduta appunto dal cardinale Czerny, Prefetto del Dicastero vaticano per il Servizio allo sviluppo umano integrale, organizzata dalla Comunità di sant’Egidio insieme a Caritas italiana, Centro Astalli, Fondazione Migrantes, Federazione Chiese Evangeliche in Italia, Scalabrini migration international network, Acli, Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, Acse.
Si prega, vengono accese candele, si pronunciano alcuni nomi di chi non c’è più. Come quelli del piccolo Mousa del Mali e del piccolo Omar, Gambia, «insieme ad altri giovani i cui corpi sono stati recuperati tra il 3 e il 17 aprile scorso nel fiume Kupa, al confine tra Croazia e Slovenia, morti mentre cercavano di raggiungere l’Italia». Sì, «di speranza si continua a morire – continua il cardinale Czerny–. Questa sera siamo insieme a ricordarli tutti. Ogni vittima ha un nome, negare quel nome è un male che si cristallizza in strutture di peccato. Noi però siamo sentinelle del mondo nuovo». E «ci ricorda papa Francesco che «la speranza è la più piccola delle virtù, ma la più forte. E la nostra speranza ha il volto del Signore risorto». Ci sono tanti immigrati sui banchi della chiesa. Pregano. Non dimenticano chi ha perso il futuro solo perché ne cercava uno vivibile.
«La tentazione di esercitare il potere come dominio dell’uomo sull’uomo, è conseguente alla perdita della relazione con Dio – spiega il cardinale –. Staccato dal Padre, diviso dal suo creatore, l’uomo non si riconosce più come chiamato a custodire e proteggere la fratellanza e il creato». Così «continua anche oggi a configurarsi il potere che logora e che ci logora: porta al vertice e contrappone, separa, opprime, poi fa precipitare». Un potere che «crea inferno per chi lo subisce, ma anche isola, svuota, imprigiona chi lo detiene ». E dunque «scompaiono i tratti umani ed ecco la bestia, il mostro, il demonio».