Cutro. L’accusa di «negligenza» dei pm: il naufragio si poteva evitare, 6 indagati
Il tragico naufragio di Steccato di Cutro, in cui annegarono 94 persone, avrebbe potuto essere scongiurato? Forse sì, se si fossero adottati comportamenti «diligenti». L’ipotesi è della procura di Crotone, che per un anno e mezzo ha indagato sui soccorsi tardivi al caicco Summer Love. Ieri i pm hanno notificato un avviso di conclusione indagini a 6 indagati, 4 militari della Guardia di Finanza e 2 della Guardia costiera. E nella ricostruzione parlano esplicitamente di «negligenza», prospettando le gravi ipotesi di reato di disastro colposo e omicidio colposo plurimo. Dopo 17 mesi di investigazioni, basate sui riscontri dei registri di navigazione e delle comunicazioni fra le autorità , il procuratore reggente di Crotone Giuseppe Capoccia e il sostituto Pasquale Festa sono arrivati a formulare l’ipotesi che la mancata adozione di determinati interventi da parte dei sei indagati abbia potuto incidere sulla sorte del caicco, naufragato davanti alla costa di Steccato di Cutro il 26 febbraio 2023, in una tragedia che - oltre ai morti accertati (i cui corpi, compresi quelli di 35 bambini, furono ripescati uno a uno per giorni) conta 81 sopravvissuti e 10 dispersi.
I sei indagati
Sono cinque uomini e una donna che erano in servizio fra sabato 25 febbraio (quando il caicco fu avvistato da un velivolo di Frontex) e domenica 26 (quando si fracassò, all’alba,davanti alla costa calabrese). Tre nomi erano trapelati durante le indagini, gli altri (coperti da omissis) sono noti da ieri mattina. I finanzieri sono Giuseppe Grillo, capo turno della sala operativa del Comando provinciale di Vibo Valentia della Guardia di finanza e del Roan (il Reparto operativo aeronavale); Alberto Lippolis, comandante del Roan di Vibo Valentia e Antonino Lopresti, ufficiale in comando e controllo tattico nello stesso Roan; Nicolino Vardaro, comandante del gruppo aeronavale di Taranto. I due militari della Guardia costiera sono invece Francesca Perfido, ufficiale di ispezione del Centro di coordinamento italiano di soccorso marittimo di Roma, e Nicola Nania, ufficiale d’ispezione nel centro secondario di Reggio Calabria.
La ricostruzione dei pm
La presenza del barcone, annota la procura, «era stata tempestivamente segnalata dall’agenzia europea Frontex» in navigazione verso le coste calabresi». Così, l’inchiesta ha dovuto «accertare perché nessuna imbarcazione delle autorità preposte al controllo del mare territoriale fosse in quella zona per tentare di intercettare il caicco». Nel merito, la procura ritiene «non censurabile» la prima valutazione dello scenario operativo effettuata da Frontex Varsavia e dal Centro coordinamento di Roma, che qualificava l’intervento come operazione di law enforcement (di polizia, non di soccorso), attribuendolo al Roan di Vibo Valentia. Ma già in questa prima fase, riscontra una mancanza di comunicazione fra Gdf e Guardia costiera che avrebbe potuto «incidere sulla valutazione dello scenario operativo».
Mare forte, ma niente Sar
Quella sera infatti, a causa del mare forza 4 e del vento di burrasca forza 7, il pattugliatore della Gdf “Barbarisi” «non aveva mai mollato gli ormeggi». E la vedetta della Finanza V5006 alle 21 «aveva invertito la rotta» per via delle onde «proprio nella zona in cui era atteso il target». A quel punto, con previsioni in peggioramento, la Gdf aveva «ricevuto dalla Guardia costiera disponibilità ad impiegare, autonomamente o in ausilio, assetti operativi che potevano navigare senza alcuna difficoltà», cioè Guardacoste di un modello non affondabile. Ma quell’impiego sarebbe stato ritenuto non necessario. Invece, ritiene la procura, stante «il prioritario, fondamentale e ineludibile obbligo di salvaguardare la vita in mare», se fossero stati adottati comportamenti diligenti si sarebbe potuto applicare un piano Sar (di “ricerca e soccorso”), «impedendo in tal modo che il caicco fosse incautamente diretto dagli scafisti verso la spiaggia di Steccato» e che «si sgretolasse, urtando contro una secca a seguito di una manovra imperita del timoniere».
Profili di negligenza
Pertanto, a carico dei 6 indagati, annota la procura, «sono stati evidenziati profili di negligenza nel dare attuazione alle regole che la normativa europea e nazionale impone». Rispetto ai 4 finanzieri «i profili di colpa ipotizzati» attengono «alle modalità esecutive delle azioni da svolgere in seguito all'avvistamento del natante», come «l'omessa completa comunicazione delle difficoltà di navigazione», nonché «il ritardo nella predisposizione delle operazioni di intercetto del caicco, in assenza di un efficace monitoraggio radar». Invece, rispetto ai due ufficiali della Guardia costiera, si contesta la mancata acquisizione di informazioni sull’operato della Gdf, da cui è derivata «una carente valutazione dello scenario operativo e delle conseguenti disposizioni da impartire ai natanti della Guardia costiera, che pure erano in condizioni di intervenire».
Lo scontro politico
Il prossimo passo competerà alla magistratura giudicante , che dovrà vagliare la possibile richiesta di rinvio a giudizio della procura ( e alcune ong già valutano di costituirsi parte civile). Nel frattempo, la politica si divide sulla vicenda, con diversi ministri schierati in difesa dei militari indagati e le opposizioni che continuano a chiedere verità sulla vicenda. Il titolare dell'Interno, Matteo Piantedosi, si dice «certo che gli operatori di Crotone dimostreranno la loro estraneità», chiedendo che «anche per i servitori dello Stato valga il principio di non colpevolezza fino a sentenza definitiva». Ancor più netti sono i leghisti Matteo Salvini, ministro delle Infrastrutture (da cui dipende la Guardia costiera), che esprime «incondizionato sostegno» ai militari dei due Corpi, e iGiancarlo Giorgetti, titolare del’Economia. Ma dal Pd, la segretaria Elly Schlein incalza: «Stiamo ancora aspettando che il ministro Piantedosi risponda alla domanda: perché non sono partiti i mezzi di soccorso più adeguati della Guardia costiera per soccorrere i migranti diretti a Cutro? Il governo tace da allora, ma continueremo a pretendere la verità».