Festival di Trento. Curare i migranti fa bene all'economia
Martina Valentinilunedì 5 giugno 2017
Investire uno per risparmiare 100 fra qualche tempo. È decisamente un buon investimento garantire cure adeguate agli immigrati che arrivano nel nostro Paese. Le motivazioni morali dovrebbero essere scontate. Ma in tempi di demagogia imperante, sono utili anche i calcoli economici. Se n'è parlato in uno degli oltre 100 incontri organizzati nell'ambito del Festival dell'Economia di Trento, curato da Tito Boeri e promosso da Editori Laterza e Provincia autonoma di Trento.“Non curare adeguatamente chi arriva nel nostro Paese fuggendo da guerre, cambiamenti climatici e miseria, è, oltre che un tradimento dei principi della nostra Costituzione, un pessimo investimento” ha spiegato Loris De Filippi, presidente di Medici Senza Frontiere. “Infatti si pensa di risparmiare ma in realtà si rinvia il costo a quando patologie di facile cura peggiorano, richiedendo in un secondo momento interventi ben più complessi e più ingenti”.
Chi è sul campo, testimonia quanto sia falsa la credenza popolare secondo cui i migranti arrivano malati: “In realtà – prosegue De Filippi – sono generalmente giovani e senza patologie infettive. L'unica recrudescenza che stiamo notando in Italia è quella del morbillo ma non è dovuto ai migranti ma agli italiani stessi che non vaccinano più i figli. Io registro invece che spesso i migranti, essendo giovani, sono sani”.Una testimonianza sul campo che è suffragata anche dai numeri presentati a Trento da Emilio Alari, medico di Emergency, l'associazione fondata da Gino Strada, che da anni sta sviluppando in decine di città il Programma Italia: “La nostra iniziativa, al 31 dicembre scorso, ha permesso di curare 79.576 pazienti nei nostri ambulatori fissi e mobili, erogando circa 288mila prestazioni. Appena il 10% ha richiesto la prescrizione di visite specialistiche (soprattutto dentarie) e i numeri di invii al pronto soccorso, ricoveri e chiamate al 118 non arrivano, tutti insieme, all'1%. Questo dimostra che una buona medicina di base, unita a programmi di educazione sanitaria per chi arriva in Italia e a un ruolo adeguato per i mediatori culturali può agevolare la salute dei pazienti e fare da filtro per limitare al massimo consulenze di 2° livello ed esami specialistici”.