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INCHIESTA. Malattie rare, la Giornata nazionale L’aiuto arriva dall’esercito

Giovanni Ruggiero domenica 27 febbraio 2011
Porgendo un camice di carta sterilizzato e una cuffietta, dice: «Indossi questi. È per motivo igienico, ma è anche una forma di rispetto per il farmaco e per chi lo produce...». Il generale Giocondo Santoni fa la stessa cosa con il telo bianco. Entriamo. È tutto sterile. Guardiamo dagli ampi oblò: qui si confezionano i tubetti di crema insetto repellente; lì, invece, il farmaco finisce nelle fiale che una fiamma sigilla fondendole; e, ancora, ecco la macchina che confeziona le pasticche di chinino. In un altro locale (ma per entrarci occorrerebbe un’ulteriore protezione) si preparano i farmaci orfani, quei principi attivi che l’industria farmaceutica non trova conveniente produrre. Infine, vedremo gli enormi tini dove riposano e maturano la china e il brandy, quello che arrivava anche al fronte ed era, in bustine di plastica, nella tasca di ogni soldatino che la notte montava di guardia in garitta. Siamo allo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze. Un vanto dell’Esercito Italiano. Nel 1931, quando fu portato qui da Torino (fu fondato con regio decreto nel 1853), tutto intorno era soltanto campagna: ortaggi e filari di viti. Poi le prime case dei dipendenti. Oggi è Rifredi, la città nella città di Firenze. Il generale, occhi azzurri e pizzo vagamente mazziniano, ci mostra ogni spazio dello Stabilimento che ci da presto l’idea di una azienda a conduzione familiare, in cui ognuno, per una sorta di passione, dà più di quanto richiede il mansionario. A partire dal suo direttore che, a termine del giro (sono ben 5 ettari e mezzo), ci porta davanti a un grafico. Lo Stabilimento, che dipende dall’Agenzia Industrie Difesa, caso più unico che raro per una azienda di Stato, nel 2008 ha chiuso in pareggio e da due anni in attivo. Accanto al grafico, poche parole spiegano la sua mission. È il caso di trascriverle: «Offrire una risposta pronta e sicura alle esigenze delle Forze Armate e del Paese, fornendo servizi nel settore sanitario e producendo medicinali e presidi, etici e strategici, secondo criteri di qualità, efficienza ed efficacia». Sono parole d’ordine. Ce le ripete anche l’onorevole Marco Airaghi, direttore dall’Agenzia: «La difesa, in tempo di pace, è principalmente un servizio rivolto a tutta la società civile. Nel caso di Firenze, poi, si dà supporto a quelle attività che altrimenti non troverebbero attori». Il riferimento è appunto ai farmaci orfani.Con il camice bianco e con una cuffia, ecco alcune  signore che approntano i vari zaini sanitari destinati ai soldati che operano su teatri internazionali. Il colonnello Antonio Medica, è appunto reduce dall’Afghanistan. È andato a verificare le effettive esigenze farmacologiche. E Firenze dà una risposta. Qui si prepara lo zaino del medico del reparto, poi giù giù, fino al più piccolo, quello in dotazione del singolo militare in cui trova il necessario per il primo soccorso. Ma le stesse donne hanno confezionato il mini kit i soldati che sono accorsi all’Aquila nei giorni del terremoto, e (ce li mostrano) gli zaini del pellegrino con la bandiera italiana e la conchiglia del Cammino di Compostela.Questo Stabilimento nei giorni della pandemia temuta del virus H1N1 ha confezionato 30 milioni di dosi di oseltamivir che l’industria farmaceutica non poteva preparare in tempo. A Firenze arrivò il principio attivo che fu trasformato in compresse e distribuito. Resta una scorta di 14 milioni di dosi. Stoccato e per ogni evenienza, sono a disposizione, essendo un antivirale aspecifico. Ed è sempre lo Stabilimento fiorentino che prepara la scorta nazionale antidoti (ogni Regione ne è fornita) contro attacchi chimici terroristici o per far fronte a incidenti chimici industriali.Con altri istituti di ricerca è da poco iniziata la sperimentazione di un farmaco per la disassuefazione da cocaina. E, su richiesta  dell’Ospedale di Cagliari, si prepara un kit per curare l’alcolismo, utilizzando un farmaco con proprietà anti depressive.Gli ospiti del generale devono sottostare all’assaggio della rinomata china militare. Obbligo piacevole. Questo liquore è più antico dell’Unità d’Italia: piaceva a Vittorio Emanuele prima che ci mettesse insieme. Per farla, gli esploratori militari sabaudi individuarono le piantagioni di corteccia di china in Malesia. Viene ancora da lì. A Firenze aggiungono l’arancia, necessaria al nettare d’antica ricetta.