Fuori la protesta è molto rumorosa. Ben più intensa di quella sull’ultima riforma renziana votata in aula, quella elettorale. E dentro il malcontento della sinistra dem è lo stesso. Ma in aula, al momento del voto degli articoli sulla "buona scuola", la minoranza del Pd per ora non fa squadra. O meglio, non si mette di traverso, se non con uno Stefano Fassina incendiario, che chiede invano la testa del ministro dell’Istruzione Stefania Giannini. A seguirlo resta solo Sel, sulla stessa lunghezza d’onda. Non meno critico il Movimento 5 Stelle. Ma con l’aiuto di Forza Italia, il governo approva senza difficoltà l’articolo – pure modificato - che attribuisce poteri al dirigente scolastico. Il super-preside viene confermato con 214 sì, 100 no e 11 astenuti.L’esecutivo, ancora una volta, va avanti per la sua strada. Le concessioni restano poco incisive su un impianto che Matteo Renzi solo in parte decide di rivedere, per evitare un nuovo muro contro muro, che potrebbe tornargli indietro come un boomerang, a pochi giorni dalle elezioni.La tensione, comunque, resta. Gli emendamenti della minoranza vengono bocciati uno dopo l’altro. E i toni accesi con cui Fassina sollecita il ministro a lasciare l’incarico indicano un terreno di scontro che l’opposizione democratica non intende in ogni caso mollare. Magari la battaglia si sposterà al Senato. E però Giannini non ci sta. «Sarebbe utile che lei si assumesse fino in fondo la responsabilità delle sue parole e lasciasse il suo incarico – incita Fassina davanti all’assemblea – , per aiutare a ricostruire un clima positivo tra governo e mondo della scuola». E ancora: «Faccia un favore alla scuola pubblica, si dimetta». Per il ministro quelle dell’esponente dell’opposizionie di Largo del Nazareno, «sono opinioni personali, sono legittime. Lo invito a leggere più attentamente le interviste che cita e commenta, parla di cose che non esistono, ma d’altronde fa la sua battaglia politica».Una battaglia che non ottiene però un seguito in grado di rallentare l’iter della riforma. Eppure il malcontento è diffuso. «La scuola e le università – secondo Alfredo D’Attorre – hanno ricevuto dal centrodestra un colpo quasi letale». Ma la riforma sta passando con i voti di Fi. Di certo, secondo l’altro esponente della sinistra, questo non faceva parte «del programma presentato dal pd alle elezioni». Ma alla fine, molti deputati della minoranza escono dall’aula. A seguire Fassina resta Sel. Arturo Scotto, infatti, grida a Giannini: «Se ne vada».Ci pensa allora la capogruppo del Pd in commissione Cultura Anna Ascani a confermare «la fiducia» del partito al ministro. Cerca di smorzare i toni accesi il sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone: «Il provvedimento – dice - sarà chiuso davvero solo il giorno del voto finale in Senato o alla Camera, se ci sarà un secondo passaggio». Insomma, «fino ad allora il ddl è aperto e modificabile». Sempre «a patto di mantenere intatto l’impianto generale e sapendo che riteniamo inaccettabile il blocco degli scrutini che danneggia gli studenti, i genitori, gli italiani».