Anche Enrico Morando saluta i "gufi": «Stiano tranquilli», il processo avviato con questo decreto è «solo l’inizio». Nei prossimi 3 anni si andrà avanti, ma con «una riconversione delle coperture: le ulteriori riduzioni del cuneo fiscale saranno finanziate con la lotta all’evasione; i frutti della revisione della spesa serviranno invece per il resto, per creare un sistema universale di ammortizzatori sociali, per la formazione del capitale umano e per la ricerca». Chiuso nel suo ufficio di viceministro dell’Economia, Morando vive il Venerdì Santo del governo Renzi con la mente già proiettata al futuro.
Non è un intervento spot?È del tutto infondato dirlo. Al di là della tecnicalità scelta - bonus e non maggiori detrazioni - sui dipendenti a reddito medio e basso noi realizziamo esattamente quello che era stato annunciato. E lo facciamo in modo strutturale: anzi, se non sapessi che le cose umane sono caduche, direi che è per l’eternità... I gufi si basano su un argomento che in apparenza pare fondato: la parziale copertura per il 2014 con misure di carattere straordinario. Ma la sostanza è quello che conta e questa dice, come dimostra il Def, che dalla
spending review sono attesi 17 miliardi nel 2015 e 32 nel 2016. Saremo più precisi nella sessione di bilancio in autunno.
Cosa accadrà?Sarà ancor più chiaro che con la
spending review creeremo le condizioni finanziarie per ulteriori interventi finalizzati a colmare completamente la differenza, pari a 32 miliardi l’anno, fra il gravame che pesa sul costo del lavoro italiano e quello degli altri grandi Paesi europei. È questa la scelta di rilievo strategico del governo Renzi: incidere su una delle maggiori componenti che frenano la nostra crescita, con interventi per 12-13 miliardi annui dal 2015, includendo l’Irap per le imprese. Entro il 2017 il cuneo fiscale deve diventare pari alla media dei grandi Paesi europei.
Però la pressione fiscale resterà al 44% del Pil.Premesso che nel Def è scritto che si ridurrà al 43,5% nel 2017, il governo opera una svolta, che dev’essere chiara anche ai
partner europei: non chiameremo più la pressione fiscale a inseguire il livello della spesa pubblica. La pressione resterà alta perché salirà il recuperato dagli evasori. Ma d’ora in poi ogni calo di tasse si finanzia con una riduzione di spesa. Nei prossimi 3 anni abbiamo seria intenzione di attuare quanto previsto nell’ultima Legge di stabilità: costituire il Fondo per ridurre la pressione fiscale, alimentato dalle risorse della lotta all’evasione. Verrà da lì una bella quota dei 32 miliardi per colmare il
gap sul costo del lavoro. Così libereremo progressivamente risorse per le altre esigenze, in particolare quelle del mondo del lavoro.
Per il successo di questa strategia cosa serve?In primo luogo il ritorno alla crescita, ovvio. Il governo Renzi può giocare però l’elemento di dare finalmente profondità all’azione di politica economica. Questo non è un governo che ragiona a 12 o 18 mesi, ma lo fa a 10 anni. Un governo riformista deve poter impostare un lungo ciclo, se vuole rimuovere ostacoli strutturali.
Un ostacolo è anche il livello troppo alto di certi stipendi?Questa scelta è uno dei frutti dell’analisi straordinariamente efficace del commissario Cottarelli. Grazie al suo lavoro abbiamo creato dei
benchmark di riferimento rispetto agli altri Paesi. Abbiamo visto così che l’Italia si colloca nella fascia alta di tali comparazioni, per l’importo di questi compensi e anche per il loro numero. Dovendo guardare all’Europa, guardiamovi pure qui.
Non temete un’ondata di ricorsi?Certo, l’Italia è una Repubblica fondata sui Tar... Cercheremo di scrivere le norme al meglio, puntando alla cooperazione degli interessati. Io sono un riformista, e quindi anche ottimista. Per questo penso che la dose di sacrifici che gli italiani stanno sopportando sia tale che i vertici degli organi costituzionali non potranno restare insensibili alla richiesta di essere solidali. I magistrati, in particolare, dovranno farlo anche per accreditare presso l’opinione pubblica quell’autonomia e indipendenza che sempre sbandierano.
È ancora un assertore del pareggio di bilancio in Costituzione?Sono convinto che, dopo il voto di giovedì in Parlamento, ci sia anche stata la prova: non è vero che la regola costituzionale sia rigida, che con essa non si possano sviluppare politiche anticicliche. Molti, troppi l’hanno definita una regola stupida. In realtà consente, quando ce ne sono le condizioni, anche dei margini di flessibilità. Mi faccia osservare, peraltro, che trovo paradossale che dopo aver sollevato un putiferio sul caso della lettera alla Ue, e dopo aver chiesto per mesi di battere i pugni a Bruxelles, Fi abbia votato no al rinvio del pareggio di bilancio. Noi non abbiamo operato in aperta violazione dei Trattati, per questo confido che la Ue non farà problemi. Ma un po’ più di rispetto della nostra Costituzione lo dovremmo avere.