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GIALLO IRRISOLTO. «Morto per denutrizione»

Bice Benvenuti venerdì 14 dicembre 2012
L’atto d’accusa dei periti della corte è chiaro: Stefano Cucchi non fu curato adeguatamente e morì per malnutrizione nella struttura per detenuti all’ospedale Pertini di Roma. Le conclusioni della perizia che doveva accertare le cause della morte del geometra romano inoltre parlano di lesioni compatibili sia con una caduta che con un’aggressione.Dopo sette mesi dall’incarico, gli esperti dell’istituto Labanof di Milano hanno depositato le loro conclusioni. A loro la Corte d’assise aveva chiesto di aiutarla a capire perché il giovane geometra romano morì in ospedale una settimana dopo il suo arresto per droga nell’ottobre 2009.Il processo si avvia alla fase conclusiva. In attesa di sentenza ci sono sei medici, tre infermieri e tre agenti penitenziari, accusati a vario titolo e a seconda delle posizioni di favoreggiamento, abbandono d’incapace, abuso d’ufficio, falsità ideologica, lesioni ed abuso di autorità. L’accusa è che Cucchi fu "pestato" nelle celle del tribunale mentre era in attesa della convalida dell’arresto, e poi abbandonato al suo destino in ospedale.Un’accusa che la perizia non smentisce: resta in piedi l’ipotesi dell’aggressione, con le lesioni giudicate «compatibili», ma soprattutto è sottolineata l’assenza di una cura adeguata. Cucchi, per i periti, doveva essere ricoverato in terapia intensiva e si sarebbe salvato.«La causa della morte – è scritto nella perizia – va identificata in una sindrome da inanizione», ovvero una grave malnutrizione; i medici del reparto di medicina protetta dell’ospedale Pertini «non si sono mai resi conto di essere di fronte a un caso di malnutrizione importante», non si curarono «di monitorare il paziente sotto questo profilo» né chiesero l’intervento di nutrizionisti. In una frase: «Non trattando il paziente in maniera adeguata, ne hanno determinato il decesso», adottando «una condotta colposa, a titolo sia di imperizia, sia di negligenza», mentre Cucchi «per avere un trattamento appropriato, doveva essere trasferito in una struttura di terapia intensiva».Sulla posizione degli infermieri, i periti sono altrettanto chiari: «Non si individuano profili di responsabilità professionale» che abbiano in alcun modo condizionato il decesso di Cucchi; loro «segnalano gli eventi», ma a disporre tipo e frequenza dei controlli «è compito del medico». Certo, sul corpo di Stefano erano presenti lesioni, ma quelle più importanti (al capo e all’osso sacro) sono «circoscritte, di per sé non idonee ad influenzare metabolicamente sulla evoluzione clinica infausta della sindrome da inanizione», e sono del tipo di quelle che «solitamente non richiedono neppure il ricovero del paziente in ambiente ospedaliero».Un «quadro traumatico», quello riscontrato, che secondo i periti è coerente «sia con l’ipotesi di una caduta accidentale, che con quella di un’aggressione, sia ancora con una modalità mista», ma «è impossibile risalire con certezza alla tipologia della dinamica lesiva». La prossima settimana l’esito della perizia sarà illustrata in aula.I familiari: «Conclusioni sibilline»Ma Stefano è morto per colpa sua?». Ilaria Cucchi da anni chiede giustizia per il fratello, da quel 22 ottobre del 2009 quando morì, a una settimana dall’arresto per droga, nel reparto per detenuti dell’ospedale Pertini. La famiglia ha sempre sostenuto che Stefano fu picchiato e la perizia sulla storia delle lesioni, «compatibili con una caduta o per un’aggressione», non dà una risposta certa attribuendo il decesso del geometra romano alle cure inadeguate. Una perizia «sibillina» come ha detto il padre, che «pur riconoscendo le lesioni, non risponde alla domanda del giudice: da chi sono state causate?». Secondo Giuseppe Cucchi «finalmente è riconosciuto che i medici non lo curarono adeguatamente. Ma la perizia oscilla tra una caduta dalle scale e le percosse. È un responso sibillino. Mentre lui era comunque nelle mani dello Stato e qualcuno deve essere responsabile». «Fatico a comprendere – reagisce Ilaria Cucchi – ma ome si possa dire che da quelle lesioni non si sarebbe reso necessario nemmeno il suo ricovero in ospedale. Se quelle lesioni non hanno avuto alcuna influenza sul suo stato di salute, dobbiamo capire che sarebbe morto comunque? E che quindi sarebbe morto per colpa sua?».