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Plenum. Caso Palamara, l'ora più buia del Consiglio superiore della magistratura

Vincenzo Spagnolo martedì 4 giugno 2019

Il Plenum straordinario del Csm a Palazzo dei Marescialli per affrontare il caso Palamara (Ansa)

«Gli eventi di questi giorni hanno inferto una ferita profonda alla magistratura e al Csm. Profonda e dolorosa». Il tono del vicepresidente David Ermini è grave, le sue parole pesate una a una, mentre apre il Plenum straordinario del Consiglio superiore della magistratura. Sono le cinque del pomeriggio e un caldo sole romano illumina Piazza Indipendenza. Nel Palazzo, però, è l’ora più buia: «È un giorno cupo come pochi altri nella storia del Csm», considera Piercamillo Davigo, di Autonomia e Indipendenza.

«Sembra di essere tornati all’epoca dello scandalo P2», ragiona Giuseppe Cascini, ex pm nella Capitale e membro della componente di sinistra Area. Nella grande tavola ci sono cinque sedie vuote. L’inchiesta dei pm di Perugia su un presunto giro di corruzione collegato a nomine di magistrati ha fatto cadere uno dopo l’altro diversi consiglieri togati: dopo le dimissioni di Luigi Spina (indagato per rivelazione del segreto e favoreggiamento) sono arrivate lunedì le autosospensioni di Antonio Lepre e Corrado Cartoni e ieri quelle di Paolo Criscuoli e del presidente della Commissione per gli incarichi direttivi Gianluigi Morlini.

Dal quadro disegnato dalle indagini dei pm perugini (partiti da un ipotesi di corruzione a carico del pm Luca Palamara) affiorano frequentazioni con esponenti politici che, seppur prive di risvolti penali, denotano quantomeno imprudenza o mancanza di consapevolezza. E rischiano di minare dalle fondamenta la fiducia dei cittadini nell’organo di autogoverno della magistratura. Nessuno dei quattro è indagato. Morlini parla di un «gesto di responsabilità», dopo un incontro casuale in un dopocena affollato con l’esponente dem Luca Lotti. Il passo indietro è stato deciso per «evitare di danneggiare il Csm», anche se Criscuoli denuncia il clima mediatico «da caccia alle streghe».

Ermini, nell’aula intitolata a Vittorio Bachelet, non nasconde la gravità del momento: «Siamo di fronte a un passaggio delicato: o sapremo riscattare con i fatti il discredito che si è abbattuto su di noi o saremo perduti. Il Csm è e deve essere la nostra sola casacca. Altre non ne abbiamo». Nelle scorse ore, Ermini si è confrontato a lungo col capo dello Stato Sergio Mattarella che, secondo Costituzione, presiede il Csm. E nelle sue osservazioni riecheggiano preoccupazioni e auspici del presidente della Repubblica, nella cui «guida illuminata» i consiglieri confidano. L’invito è dunque, a ogni componente, di svolgere il ruolo «tenendo conto dell’autorevole consiglio e dell’esempio animatore che provengono dal capo dello Stato».

Per tenere lontane maldicenze e veleni, diventa necessario che le nomine in magistratura seguano «la rigorosa osservanza del criterio cronologico», con «opportuni approfondimenti istruttori». Basta con le «degenerazioni correntizie», tuona il vicepresidente, con «giochi di potere e traffici venali di cui purtroppo evidente traccia è nelle cronache di questi giorni. Nulla di tutto ciò dovrà in futuro macchiare l’operato del Csm».

Gli interventi si susseguono. Toni e stato d’animo dei presenti si somigliano: Cascini chiede a Mattarella «di non lasciare solo il Csm». Le sedie vuote dei colleghi sono un vulnus e un monito insieme. Il documento finale, approvato all’unanimità da laici e togati, lo rispecchia: «Non possiamo accettare comportamenti, non importa se penalmente irrilevanti, che gettino discredito» sul Csm, si legge, ora si «impone un serio, profondo, radicale percorso» di «autoriforma», bisogna «eliminare ogni ombra». Poi viene deliberato il rientro del pm Spina in procura a Castrovillari.

Nonostante le cinque defezioni, i lavori del Consiglio potranno proseguire, poiché restano 11 componenti togati (il minimo per lavorare è 10). Nel frattempo, le tensioni nella magistratura restano. Oggi l’Anm riunirà il proprio "parlamentino", spaccato dalle tensioni innescate dall’inchiesta di Perugia. Mentre cala la sera su Piazza Indipendenza, si chiude una giornata spartiacque per la magistratura italiana. Verso quale futuro, si vedrà.