Prevista dalla legge 194 per i medici, "l'obiezione di coscienza è anche un diritto che deve essere riconosciuto ai farmacisti". Lo chiede il segretario generale della Cei, mons. Mariano Crociata, intervenuto questa mattina al Congresso dei Farmacisti Cattolici in corso a Roma. Riconoscere tale diritto ai farmacisti significa per il presule permettere loro di "non collaborare direttamente o indirettamente alla 'fornitura di prodotti che hanno per scopo scelte chiaramente immorali, come per esempio l'aborto e l'eutanasià, e di superare le difficoltà di un contesto culturale che tende, talvolta, come ha detto il Papa nel suo discorso del 2007 alla Pontificia Accademia della Vita, a non favorire l'accettazione dell'esercizio di questo diritto, in quanto elemento 'destabilizzantè del quietismo delle coscienze". Per Crociata, "il diritto-dovere all'obiezione di coscienza non riguarda solo i farmacisti cattolici ma tutti i farmacisti, perchè la questione della vita e della sua difesa e promozione non è una prerogativa dei soli cristiani. Anche se dalla fede riceve luce e forza straordinarie, essa appartiene ad ogni coscienza umana che aspira alla verità ed è attenta e pensosa per le sorti dell'umanità". "Desidero quindi esortare voi tutti - sono ancora le parole del segretario Cei ai farmacisti cattolici - ad essere testimoni coraggiosi nell'esercizio della professione del valore inalienabile della vita umana, soprattutto quando è più debole e indifesa. Seguire la propria coscienza - sottolinea il vescovo - non è sempre una via facile e può comportare sacrifici ed aggravi. Tuttavia, rimane necessario proclamare chiaramente che la via dell'autentica espansione della persona umana passa per questa costante fedeltà alla coscienza mantenuta nella rettitudine e nella verità".