Crisi. M5s-Pd: «Conte in aula il 20». Per i tempi della sfiducia oggi decide il Senato
È scontro aperto sui tempi della crisi e Matteo Salvini prova ad accelerarla minacciando apertamente il ritiro della delegazione leghista al governo. "Siamo pronti a tutto, non siamo attaccati alle poltrone, lo vedrete nelle prossime ore", dice il ministro dell'Interno dopo l'assemblea serale con i suoi parlamentari.
Al Senato M5S, Pd e Gruppo Misto hanno indicato per il 20 agosto la data delle comunicazioni del premier Giuseppe Conte. Contrari Lega, Forza Italia e Fratelli d'Italia, che invece hanno chiesto di votare la sfiducia al premier già mercoledì 14. Il fatto che la decisione della capigruppo non sia stata presa all'unanimità richiede un passaggio in Aula oggi alle 18; seduta nel corso del quale sarà sottoposta al voto anche la calendarizzazione della mozione di sfiducia. Sulla carta, numericamente dovrebbero prevalere i numeri di Pd, M5s e Leu (159 i voti previsti contro i 136 del centrodestra) confermando il ruolino di marcia deciso in conferenza dei capigruppo: quindi riproponendo solo le comunicazioni del premier per il 20 agosto.
Salvini però insiste sulla crisi lampo e minaccia di ritirare i ministri dall'Esecutivo. Una mossa che costringerebbe senza altre alternative Giuseppe Conte ad annunciare le dimissioni martedì della prossima settimana in Aula. Il centrodestra si muove compatto nella richiesta di ritorno al voto al più presto. Con Fi rinfrancata dall'incontro in programma tra Silvio Berlusconi e il capo del Carroccio per un nuovo accordo di coalizione.
Intanto si alimentano tra i 5 stelle e il Pd i sospetti contro il presidente di Palazzo Madama, Elisabetta Casellati, accusata di aver provocato una "forzatura inaudita", appellandosi alla seduta del Senato, nel tentativo di far calendarizzare la mozione di sfiducia del centrodestra nei tempi richiesti da Salvini. Ma dal centrodestra si replica duramente a questi dubbi: "Loro vogliono solo prendere tempo per mantenere le poltrone", dice il capogruppo della Lega Massimiliano Romeo, "Nasce una nuova maggioranza M5s-Pd-Leu? Quando si vedranno i voti sulla sfiducia capiremo".
La Lega con gli alleati non ha i voti sufficienti, ammette Romeo. Lo scenario più spericolato lo esplicita Anna Maria Bernini, capogruppo dei senatori di Fi: "Le comunicazioni fanno parte di un traccheggiamento di M5s e Pd per creare una rampa di lancio per un Conte bis o un nuovo governo".
I dem, dal canto loro, sono alle prese con il dissidio interno sulla proposta Renzi. "Restiamo uniti, non è credibile l'ipotesi di un governo per fare la manovra economica e portare poi alle elezioni - dice il segretario Nicola Zingaretti -, sarebbe un regalo a una destra pericolosa che tutti vogliono fermare". Ma i gruppi parlamentari a netta prevalenza renziana sono tentati. "L'obiettivo è un nuovo governo", dice Andrea Marcucci.
All’attuale crisi di governo – che sarà formalizzata quando il Parlamento voterà la sfiducia al governo Conte – va ricordato che si è arrivati per decisione della Lega di Matteo Salvini, che dopo settimane di litigi con i "soci" del Movimento 5 Stelle ha dichiarato di fatto finita l’alleanza tra i due partiti. Dopo aver annunciato l’intenzione di togliere la fiducia al governo, tuttavia, Salvini ha parlato della necessità di tornare subito al voto per rinnovare il Parlamento: quest'ultimo però è un passaggio tutt’altro che necessario o automatico. L’attuale legislatura, infatti, potrebbe tranquillamente andare avanti fino alla sua scadenza naturale se il Parlamento fosse in grado di sostenere un governo diverso da quello attuale, anche con una maggioranza diversa.
TUTTI INVOCANO IL QUIRINALE MA MATTARELLA ATTENDE LA DECISIONE DEL PARLAMENTO SULLA SFIDUCIA A CONTE
Se il maggiore fautore del voto subito, Salvini, spera che dal Quirinale possano sposare la sua linea, lo stesso auspicio è espresso da Fratelli d'Italia con Giorgia Meloni che lancia un appello al Capo dello Stato affinché non consenta "una vergogna" come "inciuci mascherati da governi istituzionali".
Sul fronte opposto Luigi Di Maio, ex amico e ora primo nemico del "Capitano" leghista fa altrettanto: "Ci affidiamo alle decisioni del Presidente della Repubblica", argomenta il capo politico del M5S ormai tornato da tempo a Canossa dopo la richiesta di impeachment del presidente della Repubblica.
Sul Quirinale fanno affidamento pure le opposizioni, a partire dal Pd. "Vedremo cosa accadrà nei prossimi giorni, per fortuna nei passaggi ci guiderà la saggezza e l'autorevolezza del presidente Mattarella", il pensiero del segretario dem Nicola Zingaretti. E alle mani "sagge e prudenti" dell'inquilino del Colle si rimette pure l'ex presidente del Senato, Pietro Grasso, esponente di Leu. Un inizio di partita prudente da parte di tutti i contendenti anche perché, nello sport come nella politica, nei confronti dell'arbitro bisogna sempre avere rispetto.
Mattarella per ora più che direttore di gara è osservatore attento. Finché il Parlamento non si esprimerà e Conte non salirà al Quirinale per dimettersi, il suo fischietto rimarrà nel taschino. Diversi gli scenari che si potrebbero aprire e che il presidente gestirà nella rigida grammatica costituzionale a lui affidata. Per questo fondamentali saranno le consultazioni, al momento unico step certo nella crisi aperta a meno di 14 mesi dalla formazione del governo gialloverde.
RENZI APRE A UN GOVERNO ISTITUZIONALE, IL NO DI ZINGARETTI
Lo scontro è aperto nelle file dei Dem. La linea ufficiale del segretario Nicola Zingaretti resta quella del voto e anche tra i renziani la proposta di Matteo Renzi per un governo di transizione - annunciata con un'intervista sul Corriere della Sera - con il M5s viene liquidata da qualcuno come "poco più che fantascienza".
Dal segretario in giù, tutti si appellano alla guida di Sergio Mattarella. Il che vuol dire non escludere la possibilità di una soluzione alternativa alla corsa al voto in autunno. Su cui, tra l'altro, gli organismi dirigenti del Pd potrebbero essere chiamati presto a decidere, e su questo partono già le conte e i riposizionamenti di corrente.
L'idea di Renzi di un governo di transizione per andare al voto nel 2020, per il quale ci sarebbero stati contatti tra renziani ed esponenti di FI, non trova sostegno netto fuori dall'ala renziana e turbo-renziana. Ma se si guarda allo schema più ampio di un tentativo di costruire su un programma definito una maggioranza che freni la corsa delle destre e faccia alcune cose che servono al Paese, a partire da una legge di bilancio salva-conti, i consensi sembrano ampi nel partito.
C'è l'apertura di Dario Franceschini, di Graziano Delrio, il sì di Matteo Orfini (purché si concordi un programma che includa anche temi come la cancellazione dei decreti sicurezza di Salvini) ma anche di zingarettiani come Roberto Morassut, che dice no alla soluzione "asfittica e mortale" per il Pd di un "governo istituzionale", ma apre a un "governo istituzionale vero di risanamento e riforme non a tempo".
È una formula cui potrebbe aprire anche Zingaretti, che dice invece no a un governo di scopo. E, "non a tempo", piace anche ai franceschiniani. Il segretario sembra già guardare alle urne quando chiama alla "battaglia" un mondo ampio che va dai sindaci di centrosinistra ad altri partiti e iniziative civiche: si può trovare insieme il candidato premier giusto - è il messaggio, per battere Salvini. Ma ora il discorso si è spostato su un possibile governo istituzionale con M5s. E così, mentre Walter Veltroni mette in guardia dal rischio Weimar, il Pd si spacca. "Ci aspettano prove difficili. Quando il gioco si fa duro i duri smettono di litigare", è l'invito pacificatore di Paolo Gentiloni. Ma nelle file Dem è già partita la conta.
DI MAIO: PRIORITARIO IL TAGLIO DEI PARLAMENTARI
All’indomani della crisi di governo, la priorità per Luigi Di Maio resta quella di ridurre le poltrone in Parlamento. In un post su Facebook, il leader del M5S ha lanciato un appello "a tutte le forze politiche" e ha annunciato l'inizio della raccolta firme "tra i parlamentari per chiedere la calendarizzazione d'emergenza alla Camera del taglio dei parlamentari". "Tagliamo 345 poltrone di parlamentari e i loro stipendi. Possiamo farlo subito, manca solo un voto - ha affermato Di Maio - ci vogliono al massimo due ore per eliminare definitivamente 345 poltrone e risparmiare mezzo miliardo di euro. Sono tanti soldi. E si possono investire in modo più utile: in strade, scuole, ospedali. Non in stipendi di politici. Nessun partito aveva mai avuto il coraggio di portare avanti una riforma come questa ed ora è lì, basta un piccolo passo".