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Referendum, perché Sì. Crippa: «Certi politici in campo per il No ci avvantaggiano»

Matteo Marcelli venerdì 11 settembre 2020

Davide Crippa

Onorevole Davide Crippa, capogruppo M5s alla Camera, la preoccupa il crescente fronte del No? Mi limito a fare una fotografia delle ultime votazioni in Parlamento: hanno avuto il 98% di voti favorevoli alla riforma. E poi questo presunto crescente fronte del No si sta attrezzando con personaggi politici di vecchio rango, che in qualche modo fanno riemergere gli spettri di una politica che non vuol cambiare. Questo è un messaggio diretto ai cittadini da parte di chi vuol mantenere il proprio status, e credo anzi ci avvantaggi ancora di più.

I sostenitori del No, però, crescono anche anche nel Pd.
Questa riforma l’abbiamo iniziata con l’elettorato del Pd contro. Poi è stata inserita nell’accordo di governo e, dopo quattro letture, è stato possibile portarla avanti. Non ci stupisce che una parte di chi all’inizio aveva osteggiato la riforma oggi sostenga il no.

In molti sostengono che il taglio limiterà la rappresentatività dei territori.
Sono convinto che ormai ci sia un modo di fare politica completamente diverso da quello che all’epoca riteneva necessario attribuire una proporzionalità rispetto al numero degli abitanti. Le modalità di fare comizi, i mezzi di comunicazione, i modi di avvicinare i cittadini alla politica sono cambiati e avvengono grazie a nuovi canali. Noi siamo parlamentari della nazione. Certo abbiamo un rapporto col territorio, perché i collegi sono rappresentazioni territoriali, ma non dimentichiamo che spesso veniamo chiamati in causa per questioni tipicamente regionali e quindi attribuibili alle funzioni dei consiglieri.

Se dovesse vincere il No, cosa ne sarebbe della maggioranza attuale?
Sono una persona che cerca di analizzare problematiche credibili. Questo scenario non mi pare proprio possibile.

Passiamo alla legge elettorale. Iv non ha partecipato al voto sul testo base. E Leu si è astenuto. Che maggioranza è?
Su Leu avevamo già contezza della posizione. Su Iv prendiamo atto che, strada facendo, qualcuno abbia cambiato idea. Restiamo convinti che sia necessario cominciare a parlare di questa legge fuori dal perimetro del semestre che precede la fine della legislatura, grazie all’adozione di un testo base in commissione. A maggior ragione visto che in passato chi ha cercato di fare leggi elettorali contro il proprio avversario politico non ne ha mai tratto vantaggi, anzi. Ho sempre detto che l’obiettivo di una legge elettorale deve essere una rappresentatività collettiva e non la penalizzazione di un partito avversario.

Per quanto riguarda le regionali, Crimi sostiene che l’esito del voto non sia un problema vostro ma del Pd, visto che non governate. Ma una sconfitta del Pd non indebolirebbe tutto il governo?
È una battaglia che tenderei a svincolare dall’esecutivo. Ci siamo alleati dove c’erano le condizioni. Il voto nelle Regioni è governato da dinamiche diverse da quello nazionale, storicamente è sempre stato così.

È evidente che Crimi non sia più rappresentativo o gradito ad alcuni parlamentari. Lei cosa ne pensa, quanto può reggere ancora la sua leadership?
Credo non voglia allungare la sua leadership, sta facendo un lavoro di traghettatore verso gli Stati generali. Quello che conta è un percorso condiviso, che stabilisca le modalità di definizione di una guida forte.

Collettiva, come vorrebbe Taverna, o con un uomo singolo al comando?
Posso avere un’indicazione preferenziale, ed è verso una guida collettiva, ma ripeto: quello che serve è un percorso che metta al centro temi e modalità per la scelta di una leadership.