L'indagine. Cresce il divario fra ricchi e poveri
Si allarga in Italia l’area della povertà, più tra i giovani che tra gli anziani, mentre i ricchi diventano ancora più ricchi. È l’effetto polarizzante della doppia recessione degli ultimi anni che ha picchiato duro sulle famiglie italiane ma non ha colpito tutti allo stesso modo, accentuando così le diseguaglianze nella distribuzione della ricchezza e del reddito. La conferma del fenomeno arriva dall’ultima indagine biennale della Banca d’Italia sui bilanci delle famiglie.
I dati sono aggiornati al 2012 e raccolgono dunque soltanto in parte le durissime conseguenze di una crisi che è proseguita ancora nel 2013. Secondo l’indagine, nel biennio preso in esame il reddito nominale delle famiglie è sceso del 7,3% e la ricchezza del 6,9%, dati che scontano anche il deprezzamento delle abitazioni. Quella che i tecnici di Via Nazionale chiamano «povertà pseudoassoluta » è salita dal 14 al 16% della popolazione (sfiora il 25% al Sud) e riguarda coloro che hanno un reddito individuale non superiore a 7.678 euro, ovvero 15.300 euro per una famiglia di tre persone. Nell’Italia dove la classe media tende in buona parte a scivolare all’indietro, la metà dei nuclei vive con meno di 2mila euro netti al mese (nemmeno 25mila euro l’anno) e il 20% può contare al massimo su 1.200 euro. Non a caso quasi il 36% delle famiglie ritiene il proprio reddito insufficiente per arrivare alla fine del mese a fronte del 29,9% del 2010. Nello stesso tempo rallenta dopo molti anni la corsa all’indebitamento, segno di una maggiore prudenza ma anche dell’oggettiva difficoltà ad acquistare una casa: così la quota di chi deve rimborsare un prestito è scesa dal 27,7 al 26,1% ma l’ammontare medio del debito è salito da 44mila a 51mila euro. Ancora, secondo Bankitalia, cresce l’area della vulnerabilità finanziaria, condizione che coinvolge chi ha reddito sotto la media e una rata da rimborsare superiore al 30% delle entrate. All’estremo opposto della scala sociale in- vece la ricchezza (almeno in termini relativi) è cresciuta ancora. Il 10% delle famiglie più benestanti possedeva il 44,3% della ricchezza nel 2008, il 45,7% due anni dopo e il 46,6% nel 2012. La 'torta' si è ristretta ma la fetta detenuta dai ceti più ricchi è ora quasi la metà. L’aumento degli squilibri sociali vede i giovani come principali vittime mentre gli anziani tengono le posizioni. Con l’aumento delle disoccupazione e della precarietà, il reddito è calato soprattutto tra coloro che hanno tra i 19 e i 34 anni. La crisi peraltro ha solo accentuato una tendenza consolidata. Negli ultimi vent’anni, rileva la ricerca, la quota di famiglie a basso reddito tra gli under 35 è aumentata di 11,2 punti mentre tra chi ha più di 64 anni è diminuita del 2,8%. Intanto i lavoratori autonomi continuano a stare meglio dei dipendenti, ma il loro reddito è sceso dal 144 al 138% della media, mentre gli stipendiati sono stabili al 109%.