Il film. Craxi, la storia di un politico rimosso
L’attore (a destra) con il regista Gianni Amelio Ansa
«Monsieur le President » è tornato. Arrogante e narciso, volitivo e ingombrante, cocciuto e sulfureo ma con un fondo di dolcezza nel privato. Semplicemente, Bettino Craxi. Solo la forza espressiva della 'settima arte' poteva descrivere il tragitto ideale, durato quasi 27 anni, dalla folla (piccola, ma non per questo non rappresentativa dello stato d’animo nel Paese allora) che in quel livido tramonto del 30 aprile 1993 lo bersagliò di monetine davanti all’Hotel Raphael, a Roma, agli italiani che da oggi andranno in 400 cinema per rivederlo in 'Hammamet', film di Gianni Amelio.
E 'rivederlo' è il termine esatto perché, come trapelato dal trailer, a interpretarlo è un Pierfrancesco Favino mostruoso, «in stato di grazia» (definizione del figlio di Craxi, Bobo), degno di un Oscar, copia quasi identica dell’ex segretario del Psi non solo per il trucco prodigioso, ma soprattutto per mimica e cadenza della voce, fin nei respiri. Primo premier socialista in Italia, terzo per durata (quasi 3 anni) e leader più divisivo nella storia del Paese (assieme al suo amico Berlusconi), Craxi è stato un politico che, come in una grande tragedia, ha conosciuto l’apice della potenza e gli abissi, fino alle due condanne dategli dai giudici. 'Scongelato' dalla rimozione collettiva che ha colpito la sua figura, era un soggetto ideale per un film, prima o poi.
E così avviene alla vigilia del ventennale della morte, il prossimo 19 gennaio, avvenuta nell’«esilio» (come lo definiva lui) o nella latitanza, a seconda dei punti di vista, proprio nella cittadina tunisina dov’era riparato nel ’94, prima che scattasse l’ordine d’arresto; e dovuta anche a cure sanitarie non adeguate alle sue gravi patologie. Va detto subito che non è un film né politico né mi-litante, come ha rivendicato il regista, «men che mai volevo un’opera che desse ragione o torto a qualcuno ». E bene è stato, in fondo, che per questo ruolo la produzione (già essa vicina a Craxi: è la Pepito dell’ex manager Rai Agostino Saccà e della moglie Maria Grazia) abbia scelto un cineasta capace di venature liriche, ma non politicizzato.
L’attore (a destra) con il regista Gianni Amelio Ansa - Ansa
Perché «Bettino», come in fondo tutti lo chiamavamo (nome mai pronunciato invece in oltre due ore), resta 'scomodo' ancora oggi. Prova ne è stato, nella conferenza stampa dopo l’anteprima, l’attacco a voce alta di Amelio a un giornalista del Fatto quotidiano: «Mi aspetto una vostra marcia indietro, non accetto una stroncatura preventiva basata su un giudizio politico sull’inchiesta Mani pulite, che nel film non c’è». Per sgomberare il campo dalle tensioni serve allora «una capra», come con ironia si è autodefinito Favino: «Quel che ho capito – ha detto l’attore (di ritorno dalle ferie alle Maldive) – è che Craxi aveva un senso di paternità verso l’Italia, al di là di come l’abbia esercitato. E su questo ho provato empatia verso il personaggio, come verso quelli che hanno dovuto subire o accettare il suo carattere, perché deve essere stato difficile essere figlio di Craxi».
L’unico accenno 'politico' fatto da Amelio è stato al «silenzio assordante e ingiusto calato da anni» su questo politico, che ha vissuto una «lunga agonia» in terra d’Africa «dove ha coltivato rancori e rimpianti, macerandosi fino all’autodistruzione». Il film si concentra sugli ultimi 6-7 mesi di Craxi ad Hammamet, nella sua villa, lontana dal mare, che non era però una reggia. La narrazione si sofferma soprattutto sul rapporto del 're caduto' con la figlia che lotta per lui, Stefania che però nella pellicola diventa Anita, come la compagna di Garibaldi, un mito craxiano. Centrale è poi una terza figura, il giovane Fausto, sorta di coscienza critica del leader sulla scia del padre (già morto), che nel film è l’ex tesoriere socialista, di fatto un mix tra le figure - reali di Vincenzo Balzamo e di Sergio Moroni, il politico lombardo suicidatosi nel ’92 per Tangentopoli. Proprio in questo innesto il film, che risente di una certa prolissità, perde però qualche colpo, si fa irrisolto e un po’ zoppicante, come l’andatura del Favino- Craxi, complici un paio di scene a vuoto nella parte finale.
L’opera vuol descrivere soprattutto le emozioni di Craxi, il travaglio interiore di chi sa d’essere stato abbandonato, lontano dall’antico potere (bella la scena in cui il nipotino gioca coi soldatini sulla sabbia ricordando «e poi mio nonno disse no agli americani!», accenno a Sigonella). E lo fa anche tramite una serie di confronti con personaggi, sempre un po’ indeterminati, che lo vanno a trovare: un ex democristiano con cui si confronta sul finanziamento dei partiti (ribadendo la nota linea che «tutti prendevano soldi»), un’amante (Claudia Gerini) che rappresenta un altro aspetto 'doppio' nella vita del leader che si firmava 'Ghino di Tacco'. Ai due figli reali, a quanto pare, il film non è piaciuto granché. In un’intervista Bobo ha detto che «l’elemento romanzato prevale su quello politico», forse anche per il suo ruolo marginale a vantaggio della sorella.
Amelio ha raccontato di aver incontrato per prima la vedova Anna, first lady discreta che ancora vive nella villa di Hammamet (dov’è stata girata gran parte del film), con cui ha condiviso però «una passione cinefila» più che la politica. Resta il rimpianto per un’occasione, un po’ persa, per raccontare ai giovani un leader del passato e un’era in cui, ha detto Favino, «c’era ancora la politica del 'noi' anziché dell’'io'». Alfine, il suo pregio sta nel riportare in auge una figura controversa, ma centrale nella storia d’Italia, precedendo una celebrazione che vivrà anche di una ricca saggistica (citiamo al riguardo i libri 'L’antipatico' di Claudio Martelli, suo 'delfino' nel Psi, e 'Controvento' del giornalista Fabio Martini).