La conferenza stampa. Draghi: assegno unico dal 1° luglio, 250 euro al mese
Vaccini per chi lo vorrà, in base al criterio dell’età, ma lavorando insieme alle Regioni non applicando sanzioni e minacce. Rispetto dei contratti da parte dei produttori, ma con l’obiettivo di produrli in Italia entro i prossimi mesi (il siero Reithera non sarà disponibile prima dell’autunno, mentre entro 3-4 mesi parti di vaccini già approvati saranno prodotti in Italia). Davanti si avranno altre quattro-cinque settimane di sole zone rosse e arancioni in tutta Italia, ma con un forte investimento sulla formazione, così il piccolo margine di riduzione di contagi consente di riaprirle fino alla prima media anche nelle aree con massime restrizioni. Ma allo studio c’è anche una norma - «un decreto» - per vincolare maggiormente quella piccola porzione di sanitari che non ha voluto fare il vaccino a farlo. In più, arriva la rassicurazione (oltre che il crederci fermamente nella misura) sull’assegno unico che «partirà dal primo luglio e sarà di 250 euro con maggiorazione per i disabili».
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La precisazione di Draghi è stata accolta con grande soddisfazione da Gigi De Palo, del Forum delle Famiglie, e dalla stessa ministra per la Famiglia Elena Bonetti
È un Mario Draghi a tutto campo quello che si presenta all’incontro con la stampa italiana e con i corrispondenti da Bruxelles, a conclusione del vertice europeo e della cabina di regia che dovrà scrivere le nuove misure di contenimento della pandemia dal 6 aprile. Ma pur nella delicatezza del momento il premier non rinuncia a guardare in avanti pensando al post pandemia che «non è lontano», a come far ripartire l’occupazione «creando posti di lavoro, perché la disoccupazione crescerà». Ecco che così la ricetta Draghi è un programma di stimolo all’economia, che passi su temi nuovi come la digitalizzazione e la transizione ecologica, ma anche sul portare a compimento quello che è già stato approvato e finanziato, ma è rimasto incompiuto. La sua sintesi insomma è «riaprire il vecchio che va bene e aprire il nuovo che va bene».
Vaccini, produzione e campagna nazionale
La prima novità su cui intende chiarire il presidente del Consiglio è appunto l’allargamento delle maglie Ue che consente di bloccare l’export di vaccini. «Prima l’unico requisito che autorizzava a bloccare export era il non rispetto del contratto – spiega – adesso la Commissione ha allargato questo criterio introducendo il meccanismo di proporzionalità e reciprocità», cioè in sostanza il blocco verso un Paese a cui non serve o che di per sé ha già bloccato l’export di vaccini verso l’Ue. Nessun braccio di ferro è utile secondo Draghi, meno che mai quello con la Gran Bretagna con cui è più vantaggioso per tutti arrivare ad un accordo per le fiale prodotte in Belgio ed Olanda che «passare anni tra avvocati e tribunali», perché «noi non ne usciamo con i blocchi ma con la produzione di vaccini». Altro tema affrontato con i leader dei 27 Stati membri è stata la redistribuzioni delle dosi secondo un nuovo modello che non sia la popolazione, ma Draghi su questo punto è più propenso a «ridividere le dosi arrivate in più rispetto alle previsioni, come le 5-10 milioni di Pfizer».
Sul fronte Sputnik poi, precisa, la disponibilità di produzione della Russia sono 55 milioni di dosi, dunque limitate, e poi il Paese non ha ancora fatto richiesta formale all’Ema, che pertanto non prevede un via libera prima di 3-4 mesi. Ma è sul versante di una possibile norma per operatori sanitari non vaccinati che il premier lascia la parola al ministro della Salute Roberto Speranza per confermare che c’è una norma allo studio, che il ministro della Giustizia Marta Cartabia sta lavorando ad un decreto e che comunque sarebbe una norma diretta a «una piccola porzione di medici e infermieri non vaccinati, perché l’adesione in generale è stata straordinaria». Sempre in tema di campagna vaccinale, il premier punta molto sulla collaborazione con le Regioni, «la linea di fondo è vaccinare più fragili e poi secondo l’età – ripete - perché è difficile spiegare alla gente di vaccinare prima certe categorie e non loro». Dunque ora è il tempo di «lavorare tutti insieme, perché è inutile mettere sanzioni o divieti». Infine la speranza che «l’obiettivo delle 500mila dosi al giorno entro fine aprile comincia a vedersi some possibilità».
Le relazioni Usa-Ue
Joe Biden ha portato aria nuova nel rapporto tra Usa e Ue, è il commento del presidente del Consiglio sull’intervento del presidente americano al vertice Ue, perché «ha riaffermato che il pilastro della politica estera americana è l’Unione, che è alleato fondamentale, ha voluto riaffermare la diversità rispetto alla precedente amministrazione». Il secondo punto affrontato è il rapporto con Cina e Russia, su cui non si può prescindere dal rispetto però dei diritti umani – è il passaggio relativo alla Russia - «ma bisogna essere franchi perché devono smettere di intervenire nelle politiche degli altri Paesi». Sul fronte della tassazione delle società digitali, l’altro aspetto affrontato con Joe Biden, «si può farla solo insieme agli Usa e l’apertura a ragionarci è una differenza importante».
Le nuove norme dopo Pasqua
La cabina di regia, in sostanza, ha confermato la gran parte delle ipotesi della vigilia, con il giallo che sparisce dai radar italiani almeno fino al 30 aprile e la scuola riaperta fino alla prima media anche in zona rossa. Un’età fino alla quale è stato dimostrato – sottolinea ancora Draghi – il contagio non ha ancora un’incidenza così alta, perché sono tutte le attività peri e para scolastiche ad aumentare i contagi», come il trasposto pubblico o le attività extrascolastiche (tipo lo sport). Certo chiusure e aperture dipendono dai dati, queste misure hanno dimostrato di non essere campate per aria, secondo Draghi, anche se «è desiderabile riaprire, ma quando e cosa dipende dai numeri». Tuttavia non si escludono «cambiamenti in corso».
La ripresa
Visto che adesso però la luce in fondo al tunnel inizia a vedersi, per Draghi il passo fondamentale è pianificare bene il post pandemia, per cui «prima degli investimenti è bene pensare a fare una politica economica ben disegnata per i prossimi sei mesi, e questo vale a livello italiano e ancor più di Ue». Questo significa, per l’ex presidente della Bce, «mantenere una politica fiscale espansiva in tutti i Paesi europei», come già stanno facendo in parte Germania e Francia. «Il punto vero è fare abbastanza – aggiunge- oggi il pericolo è fare troppo poco». Ciò significa ad un certo punto creare posti di lavoro, perché la disoccupazione crescerà, puntando su transizione ecologia e digitalizzazione, accanto a fare cose già approvate ma non fatte per problemi burocratici. Insomma «attuare il vecchio che va bene e aprire il nuovo che va bene».