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La scienza e il Sars-CoV-2. Italiani scoprono la “porta” usata dal virus per aggredirci

Vito Salinaro mercoledì 24 novembre 2021

Mentre nel mondo si rinnovano gli appelli alla vaccinazione, presidio principe e insostituibile strumento di prevenzione contro il Covid-19, la ricerca italiana compie passi avanti significativi spalancando la strada ad una “terza via” contro l’infezione. Diversa dai vaccini e dagli anticorpi monoclonali. Capace di bloccare direttamente il recettore “Ace2”, ovvero la “porta” che il coronavirus usa per entrare nelle cellule umane. È un approccio nuovo, basato sull’uso di un “aptamero” di Dna, cioè un breve filamento di acido nucleico, capace di legarsi in modo specifico ad Ace2, rendendolo così inaccessibile alla proteina Spike non solo del Sars-CoV-2 ma di qualsiasi coronavirus, e delle relative varianti, prevenendo così l’infezione.

Questa strategia di precisione, che attende ora di essere tradotta in farmaco (ci vorranno almeno 2 anni), e il cui brevetto è già stato depositato, è stata messa a punto da tre gruppi di ricerca dell’Università di Milano, della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, e dell’Istituto italiano di tecnologia di Genova, guidati rispettivamente dal docente di farmacologia Paolo Ciana, dal docente di anestesiologia Vincenzo Lionetti, e dal farmacologo Angelo Reggiani, responsabile dello studio, pubblicato sulla rivista Pharmacological Research. Il team italiano ha così spostato l’attenzione dalle caratteristiche del virus a quelle della cellula umana bersaglio del virus.

Un’altra notizia importante sul fronte della ricerca arriva dall’Ospedale San Raffaele di Milano, dove il gruppo di lavoro guidato dagli scienziati Luca Guidotti, vicedirettore scientifico del nosocomio e titolare della cattedra di Patologia generale all’Università Vita-Salute San Raffaele, e il collega Matteo Iannacone, docente di Patologia e immunologia nello stesso ateneo, hanno creato un nuovo modello sperimentale per Covid-19, riuscendo a replicare l’infezione naturale da Sars-CoV-2 in modelli animali. Questo consentirà di verificare in maniera più realistica quello che succede quando un uomo si infetta. E permetterà agli scienziati di studiare meglio la malattia in fase acuta e a lungo termine, accelerando la ricerca sul Covid e testando l’efficacia di nuove classi di antivirali e vaccini. Non solo. Studiando il virus in laboratorio e la sua interazione con il sistema immunitario, spiegano dall’ospedale, «può prepararci a eventuali futuri salti di specie di nuovi coronavirus». Due gli elementi cardine utilizzati nella ricerca pubblicata su Science Immunology: l’aerosol, che provoca il contagio molto simile a quello naturale, e topi transgenici. Al San Raffaele esiste l’unico laboratorio di biosicurezza P3 in Italia per lo studio in vivo di virus ad alta pericolosità attraverso tecnologie avanzate di imaging e di sequenziamento genico.